Rinnovabili • Sussidi fossili mascherati: 30 miliardi di dollari in 40 anni

I sussidi fossili mascherati ci sono già costati 30 miliardi di dollari

Tra cattura della CO2 e produzione di idrogeno a partire dalle fonti fossili, Nord America ed Europa hanno speso decine di miliardi di soldi pubblici per sovvenzionare soluzioni che non fanno altro che prolungare la vita alle fossili stesse. Questi sussidi potrebbero crescere anche di 8 volte nei prossimi decenni

Sussidi fossili mascherati: 30 miliardi di dollari in 40 anni
Foto di Eelco Böhtlingk su Unsplash

Sussidi fossili non dichiarati, le stime di Oil Change International

Negli ultimi 40 anni, i governi di Nord America ed Europa hanno speso più di 30 miliardi di dollari di soldi pubblici per sovvenzionare la cattura della CO2 e l’idrogeno. Nonostante questo volume di risorse, le soluzioni non sono mature né possono contribuire in modo efficace alla riduzione delle emissioni. Al contrario, non fanno altro che prolungare la vita alle fossili. Insomma, si tratta di sussidi fossili mascherati.

Sussidi fossili sotto altro nome che, nei prossimi decenni, potrebbero lievitare. Arrivando a un totale di 115 miliardi di dollari per le tecnologie di carbon capture e a 240 miliardi di dollari per l’idrogeno. È la stima che fornisce Oil Change International in un rapporto in cui analizza i finanziamenti pubblici a due delle soluzioni per la transizione al centro dell’agenda delle compagnie fossili.

Chi fornisce sussidi fossili mascherati?

Ci sono soprattutto gli Stati Uniti dietro questo fiume di denaro destinato allo sviluppo di soluzioni per la transizione energetica. Washington guida la classifica con oltre 12 miliardi di dollari elargiti in 40 anni. La segue la Norvegia con 6 miliardi e il Canada con 3,8 mld. L’Unione Europea è appena fuori dal podio con 3,6 mld mentre l’Olanda, da sola, ha contribuito con 2,6 mld.

In molti casi, questi sussidi fossili non sono nemmeno troppo mascherati. Gli Stati Uniti e il Canada hanno speso 4 miliardi di dollari per sovvenzionare la cattura del carbonio per il recupero avanzato del petrolio (Enhanced Oil Recovery), che si basa sull’iniezione di CO2 in profondità per aumentare la quota di idrocarburi estraibili. Di fatto, si tratta di denaro pubblico usato per sovvenzionare la produzione di petrolio.

False soluzioni

Nonostante quest’iniezione massiccia di risorse, la cattura della CO2 resta al palo ed è ben lontana dal mantenere le promesse. Tutti i progetti oggi attivi nel mondo totalizzano appena una capacità cumulativa di 51 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, cioè lo 0,1% del totale delle emissioni mondiali. Secondo uno studio del 2021, ricorda Oil Change International, puntare sull’idrogeno blu – cioè prodotto a partire dalle fossili con recupero di CO2 – è un’operazione con un’impronta emissiva ancora più alta della semplice estrazione e combustione del gas fossile. Ed è proprio a progetti di questo tipo che, finora, è stata destinata la fetta maggiore di sovvenzioni per la produzione del vettore energetico.

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“La cattura del carbonio e i sussidi all’idrogeno prolungano l’industria dei combustibili fossili, aumentando i profitti aziendali e invertendo i progressi nello spostamento delle finanze pubbliche per l’energia sporca per pagare una giusta transizione energetica”, sottolinea il rapporto. “Sebbene i progetti di cattura del carbonio stiano fallendo, vengono utilizzati per giustificare l’espansione dei combustibili fossili, deviando gli investimenti da alternative esistenti ed efficaci come le energie rinnovabili, l’accumulo di energia e l’efficienza energetica”, conclude.

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