Rinnovabili • La pesca nei mari europei incide sulla salute degli ecosistemi

La pesca nei mari europei incide sulla salute degli ecosistemi

La pesca nei mari europei vive condizioni di criticità che perdurano da anni e tenderanno a peggiorare se l’economia blu non si svilupperà in modo sostenibile. Un principio è sicuramente innegabile: la pesca ha bisogno di ecosistemi marini sani. Quali sono le azioni messe in atto in ambito UE?

La pesca nei mari europei incide sulla salute degli ecosistemi
Foto di 철민 박 da Pixabay

La pesca nei mari europei è sostenibile?

La pesca nei mari europei mette in pericolo l’equilibrio degli ecosistemi? I mari europei sono sottoposti a una pressione crescente da parte delle attività umane: qual è il loro stato di salute?

Il rapporto Healthy seas, thriving fisheries: transitioning to an environmentally sustainable sector della European Environment Agency (EEA) fa una analisi panoramica dello stato ambientale della pesca e propone alcune soluzioni possibili con effetti positivi nel lungo termine.

Tra le conseguenze della pesca eccessiva e del degrado degli habitat che si registra nei mari europei ci sono il declino della biodiversità, l’eutrofizzazione, il crescente inquinamento e gli effetti del cambiamento climatico.

Pesca ed ecosistemi marini

Il rapporto parte da un assunto di base: la pesca ha bisogno di ecosistemi marini sani. Invece i mari europei versano complessivamente in condizioni critiche, e questo incide in modo sfavorevole sulla competitività della pesca e sulla sua sostenibilità.

Le attività umane, sia in mare che sulla terraferma, hanno un impatto negativo sugli ecosistemi marini, minacciando la biodiversità marina e la rigenerazione delle specie.

In alcuni casi si può arrivare all’esaurimento degli stock, come si sta verificando nel Mar Baltico per l’aringa e per il merluzzo.

La pressione delle attività umane

Oltre il 93% delle aree marine europee è sotto pressione a causa delle attività umane. La situazione è destinata a peggiorare rapidamente se l’economia blu non si sviluppa in modo sostenibile.

La domanda di pesce sale, ma la produzione ittica nell’Unione Europea è in calo: tra il 2014 e il 2021 è diminuita del 18%. Anche con l’apporto dell’acquacoltura, l’autosufficienza è pari al 38%.

Va inoltre sottolineato che il settore della pesca deve contendere lo spazio e le risorse ad altre attività economiche, come i parchi eolici offshore.

Quali soluzioni adottare per proteggere la pesca nei mari europei?

La pesca sostenibile non è un miraggio impossibile, a patto di perfezionare e soprattutto far rispettare gli strumenti di gestione esistenti.

La politica comune della pesca mira a ripristinare e mantenere gli stock ittici a livelli che possano produrre un rendimento massimo sostenibile.

Tuttavia, anche in questo caso, la pesca avrà un impatto sull’ecosistema e sulle sue reti alimentari, contribuendo alla perdita di biodiversità.

Impatto della pesca e perdita di biodiversità

Il rapporto evidenzia alcune cause principali di impatto sugli ecosistemi dei mari europei.

Le catture accessorie, ovvero la cattura involontaria di specie giovanili e non mirate, tra cui specie protette, in pericolo e/o minacciate. 

Gli scarti. Ributtare in mare catture indesiderate, spesso morte o con scarse possibilità di sopravvivenza, ammonta a circa 9 milioni di tonnellate all’anno, ovvero circa il 10% del pescato globale (dati FAO, 2019 ). Se questo vale anche per la pesca nell’UE, allora circa 360.000 tonnellate di pesce vengono scartate ogni anno.

Degrado degli habitat.  Alcuni metodi di pesca, come la pesca a strascico e il dragaggio, possono danneggiare gravemente gli ecosistemi dei fondali marini.

Reti fantasma, ovvero gli attrezzi da pesca abbandonati, persi o altrimenti smaltiti che rappresentano una minaccia a lungo termine per gli animali marini e contribuiscono in modo significativo ai rifiuti plastici presenti in mare.

Inquinamento. Le imbarcazioni e le attività di pesca contribuiscono all’inquinamento marino attraverso fuoriuscite accidentali di petrolio e carburante, rumore sottomarino, deflusso di sostanze chimiche e acque reflue, detriti nella colonna d’acqua (ovvero lo spazio che parte dalla superficie e si estende fino ai sedimenti sul fondo) e sul fondale marino. Inoltre emettono gas serra.

Perdita di integrità del fondale marino. Le attività di pesca, in particolare quando si utilizzano attrezzi mobili a contatto con il fondo, non solo causano la perdita di habitat vitali per le comunità bentoniche, ma possono anche portare al rilascio di carbonio intrappolato nei sedimenti marini influenzando l’acidificazione degli oceani. Questo carbonio viene restituito all’atmosfera, contribuendo al cambiamento climatico e all’aumento delle temperature del mare.

Azioni per garantire la sostenibilità nei mari europei

Nonostante nei mari europei si sia ridotta la pesca eccessiva permettendo così il ripopolamento delle specie, secondo il rapporto dell’EEA permangono ancora livelli di pesca insostenibili.

Tra gli obiettivi del Green Deal Europeo c’è anche protezione dei mari europei. Ad esempio, il Piano d’azione per il mare è concepito per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente, e rientra nel più ampio quadro della Biodiversity Strategy for 2030.

Tra le azioni che possono contribuire a garantire la sostenibilità della pesca nei mari europei ci sono il mantenimento della raccolta a livelli sostenibili, l’eliminazione graduale delle pratiche dannose e la promozione di tecniche di raccolta a basso impatto.

Inoltre, sarebbe fondamentale aumentare l’estensione delle aree marine protette accompagnata alla loro migliore gestione.

L’UE si è impegnata a proteggere il 30% dei suoi mari entro il 2030, di cui il 10% è rigorosamente protetto. Attualmente, le aree protette coprono circa il 12% dei mari dell’UE, ma solo una frazione di queste ha piani di gestione e meno dell’1% offre una protezione rigorosa, compreso il divieto di pesca.

La Nature Restoration Law europea potrebbe avere un ruolo nell’affrontare le carenze attuali.

Il prossimo futuro

Perfezionare le misure di conservazione della pesca, come la limitazione della pesca nelle aree marine protette o l’eliminazione graduale delle pratiche dannose, comporterà dei costi. Questo creerà delle inevitabili resistenze: pertanto va pianificata una gestione adeguata con conseguenti sostegni per i lavoratori del settore.

In prospettiva, la realizzazione delle iniziative citate potrebbe portare a un’industria ittica resiliente in grado di creare posti di lavoro con salari competitivi.

A queste condizioni sarebbe possibile anche un rinnovamento generazionale nel settore, con un indubbio vantaggio per il futuro della pesca nei mari europei.

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About Author / Isabella Ceccarini

Lavora da più di trent’anni nel campo editoriale e giornalistico. Di formazione umanistica, è curiosa delle novità e affascinata dalla contaminazione tra saperi diversi. Non ama i confini mentali e geografici, è un’europeista sostenitrice dell’Italia, convinta che le sue grandi qualità – bellezza, arte, cultura, creatività – che il mondo ci invidia dovrebbero essere più apprezzate per primi dagli italiani. Promuove e sviluppa iniziative di comunicazione della scienza, di formazione giornalistica professionale e di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, ricerca, innovazione e formazione, nuove tecnologie, economia circolare. Organizza e modera tavole rotonde per mettere a confronto opinioni diverse.