Le aziende fossili con sede legale in Italia possono tutelare asset fossili per 92 milioni di tonnellate di CO2 l’anno ricorrendo a un meccanismo previsto nei trattati internazionali che le ripara da politiche climatiche più ambiziose. I paesi G7, insieme, tutelano così metà delle emissioni fossili protette da questi trattati, che in tutto valgono 5 volte le emissioni generate in un anno dall’Italia
L’ISDS protegge il 12% degli asset fossili globali
In tutto il mondo sono in vigore quasi 2.500 trattati internazionali che sono incompatibili con la transizione energetica. Il motivo? “Blindano” le emissioni fossili. Rendono molto rischioso, per gli Stati, approvare politiche che abbattano i gas serra toccando carbone, petrolio e gas, i principali responsabili della crisi climatica. Attraverso un meccanismo inserito nei trattati, l’Investor-state dispute settlement (ISDS).
Come funziona il meccanismo ISDS
L’ISDS stabilisce che le eventuali controversie tra uno Stato e un soggetto investitore siano giudicate da un tribunale sovranazionale e non dai tribunali nazionali. Le aziende possono fare ricorso al meccanismo se ritengono che la legislazione nazionale danneggi i loro interessi. Anche se tale legislazione è nell’interesse pubblico.
Un’azienda fossile, ad esempio, può portare in giudizio uno Stato se quest’ultimo approva politiche di transizione che prevedono un percorso di abbandono graduale delle fossili.
Ed è proprio l’industria fossile quella che ha tratto i maggiori benefici dal meccanismo ISDS. Nei casi per cui sono stati resi pubblici i dettagli, queste aziende hanno vinto almeno 82,8 miliardi di dollari. “L’ISDS rappresenta un rischio per la transizione energetica globale ritardando misure climatiche ambiziose, aumentando i costi dell’azione per il clima, riducendo lo spazio fiscale per rispondere al cambiamento climatico e incoraggiando ulteriori investimenti nei combustibili fossili”, sottolinea un rapporto di E3G pubblicato di recente.
Le emissioni fossili “blindate” nei trattati internazionali
L’incompatibilità tra questo tipo di trattati internazionali e le politiche di transizione è ancora più evidente dopo la Cop28. Il vertice sul clima dell’anno scorso ha stabilito che tutti i paesi si impegnino in un percorso di transizione dalle fossili. Qual è, esattamente, il grado di esposizione dei paesi che volessero mantenere l’impegno? Quanti asset e quante emissioni collegate a tali asset sono in ballo?
E3G calcola che il meccanismo ISDS protegga almeno 2 miliardi di tonnellate di CO2 (GtCO2), 5 volte più di quelle generate in un anno dall’Italia. E le fossili hanno una posizione particolarmente protetta: l’ISDS tutela il 62% degli asset fossili detenuti da compagnie straniere, pari al 12% degli asset fossili globali. Nel dettaglio, sono “blindati” più di 8mila giacimenti di petrolio e gas, oltre 1.300 centrali fossili, quasi 700 centrali a carbone e miniere.
Circa metà delle emissioni fossili così protette sono localizzate in paesi del G7, cioè è in questi paesi che hanno sede legale le aziende fossili che si possono appellare all’ISDS per tutelare i loro asset all’estero. In testa la Gran Bretagna con 255 milioni di tonnellate di CO2 (MtCO2), seguita da Giappone (215), Francia (188), Stati Uniti (171). L’Italia è 5° in classifica con 92 MtCO2 protette da trattati internazionali che prevedono l’ISDS.