Un progetto europeo che coinvolge l’università di Bologna sperimenta bioluminescenza, biochar e intelligenza artificiale per migliorare l’uso delle acque reflue
Innovazione “green” per migliorare la gestione sostenibile dell’acqua
Il biennio di siccità estrema e la sua coda lunga che attanaglia ancora il Sud Italia hanno mostrato quanto sia urgente premere sull’acceleratore dell’adattamento. Usare in modo intelligente la risorsa idrica, saperla accumulare, ridurre gli sprechi in tutti i punti della filiera sono le priorità per una gestione sostenibile dell’acqua.
Come tradurle in azioni concrete? Da un lato, il governo ha presentato un piano idrico nazionale, il PNIISSI. Il “Piano nazionale per gli interventi nel settore idrico” prevede migliorie, potenziamento e manutenzione degli invasi e della rete di distribuzione. Le richieste presentate dagli enti locali sono 521 e necessitano di 12 miliardi di euro. Per il momento, l’esecutivo ha stanziato una prima tranche di 900 milioni. Oltre a questa misura, finanziata tramite il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), altri interventi in chiave di adattamento potranno arrivare dal Pnacc, il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico. Il quale, però, non prevede risorse proprie ed è privo di meccanismi di coordinamento tra i vari interventi.
Tre innovazioni per la gestione sostenibile dell’acqua
Poi c’è il capitolo innovazione. È su questo livello che si muove Farmwise, un progetto europeo di cui fanno parte, tra gli altri, Università di Bologna e Consorzio C.E.R.-Canale Emiliano Romagnolo. Insieme all’Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi), il progetto partito a gennaio 2024 sta sperimentando sistemi innovativi per migliorare la gestione sostenibile delle acque lungo tre filoni.
Il primo filone esplora l’utilizzo di biosensori basati sulla bioluminescenza per rilevare vari tipi di inquinamento idrico, dalle microplastiche agli inquinanti organofosfati, dalla contaminazione microbica al mercurio. Utilizzando la bioluminescenza di alcuni microrganismi, questi biosensori possono rilevare la presenza di contaminanti in modo rapido, economico ed affidabile, segnalandola attraverso un’emissione luminosa, simile a quella delle lucciole.
Il secondo filone punta invece sul biochar, un materiale derivato dal carbone vegetale ed ottenuto tramite la pirolisi di biomassa. Grazie alle proprietà di assorbimento di agenti inquinanti come nitrati e fostfati, può essere impiegato nei sistemi di miglioramento del suolo e dell’acqua. È in grado di abbattere i livelli d’azoto nel terreno fino all’80%. Al termine del ciclo di vita utile può essere reimpiegato come ammendante agricolo, garantendo circolarità.
Il terzo filone esplora l’impiego di intelligenza artificiale per creare nuove piattaforme per l’utilizzo di indicatori sulla gestione sostenibile dell’acqua. L’obiettivo è sviluppare indicatori per l’impatto della fertilizzazione sulla qualità dell’acqua e sul rischio di inquinamento da lisciviazione.
“Le acque reflue, per noi, possono essere un’utile integrazione irrigua, di cui però chiediamo la certificazione di salubrità per uso alimentare. I sistemi, che presentiamo, permetteranno ad ogni agricoltore, ma anche ai cittadini di poter facilmente monitorare la qualità dell’acqua utilizzata”, spiega Francesco Vincenzi, presidente di Anbi.