Anche nel 2024 c’è un ennesimo allarme per la siccità che sta mettendo in ginocchio le regioni del Sud Italia. Problemi infrastrutturali irrisolti da decenni e cambiamento climatico hanno composto un quadro drammatico che si potrebbe risolvere a patto di essere lungimiranti, efficienti e di avere i fondi necessari
Nel 2024 la siccità è di nuovo un’emergenza
L’ANBI (Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue) ha lanciato l’allarme siccità 2024: fra tre settimane non ci sarà più acqua per l’agricoltura al Centro-Sud, dove si moltiplicano i razionamenti e sospensioni anche per l’acqua potabile.
L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) – con il contributo degli Osservatori distrettuali permanenti sui servizi idrici – ha elaborato un quadro dello stato di severità idrica su scala nazionale che viene periodicamente aggiornato.
Siccità 2024, figlia dell’incuria e del clima che cambia
«La lotta alla siccità si fa quando l’acqua c’è, non in condizioni di emergenza. Non c’è mai stata una programmazione seria, pensavamo che l’acqua fosse una risorsa inesauribile, l’abbiamo mortificata e oggi si prende la rivincita», ha dichiarato Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le politiche del mare.
Nello stesso tempo, Musumeci ha illustrato un piano decennale che prevede circa 500 interventi sulle infrastrutture messo a punto dalla cabina di regia a cui il Governo ha assegnato il compito di trovare soluzioni al problema della siccità.
La situazione dell’Italia intera è grave, anzi è diventata quasi ingestibile dopo decenni di incuria e indifferenza a cui il cambiamento climatico ha impresso una brutale accelerazione. Oggi tutti reclamano i dovuti interventi, ma i soldi non bastano per tutti.
Non bastano le perdite, mancano nuovi invasi (di cui si parla invano da anni), le dighe sono vecchie e hanno bisogno di manutenzione, le infrastrutture idriche sono fatiscenti. E poi, ultimo ma non per importanza, non c’è un uso consapevole dell’acqua, del suo valore e della sua scarsità.
In Sicilia la siccità peggiore di sempre
Quello che dovrebbe essere un diritto di tutti è negato a molti. Pensiamo al caso della Sicilia che sta vivendo un periodo più drammatico di sempre. Si perdono i raccolti e si teme per il turismo.
Una situazione evidenziata in un articolo del “New York Times”, criticato dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè. Il quotidiano americano si è limitato a riferire l’esistenza di un problema, la reazione che ci si aspetterebbe è un’azione rapida e risolutiva.
Del resto, ha detto Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale Consorzi Gestione Tutela Territorio e Acque Irrigue, «gli eventi dimostrano che ormai anche il futuro del turismo estivo è a rischio, schiacciato fra temperature spesso insopportabili e la crescente insofferenza di residenti, che si sentono minacciati anche nella disponibilità di un bene primario come l’acqua».
In molti centri della Sicilia, tra cui Palermo, l’acqua è razionata (in alcuni casi arriva per un paio d’ore ogni 2-3 settimane), gli invasi si prosciugano e le perdite hanno livelli imbarazzanti. Allora si ricorre alle autobotti, che hanno triplicato i costi, e si beve solo l’acqua imbottigliata perché la poca che arriva dal rubinetto non è potabile.
Anche Agrigento, che dovrebbe essere la capitale della cultura 2025, è a secco.
Nemmeno i dissalatori esistenti funzionano: si è detto che costavano troppo, ma quanto costa allora questa siccità?
Il Mediterraneo a 30°
Il quadro è tutt’altro che rassicurante, a cominciare dal riscaldamento anomalo del Mediterraneo (30°, cioè 3° sopra la norma) che ha conseguenze sugli ecosistemi marini e sul clima in cui le ondate di calore si alternano a fenomeni estremi e siccità.
Intanto al Sud la produzione di grano è calata del 60% e quella del frumento dell’80%.
«Il nostro Paese è spaccato in due dal clima, tra rischio alluvionale al Nord e regioni drammaticamente assetate nel Centro-Sud.
Questa situazione è la conseguenza dell’estremizzazione degli eventi atmosferici, cui bisogna rispondere con politiche di adattamento, aumentando la resilienza dei territori, e un aiuto importante deve arrivare dall’innovazione», ha dichiarato Massimo Gargano, direttore generale ANBI.