Il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili del MASE è entrato in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il 2 luglio 2024. Ecco tutte le norme e la suddivisione regionale della nuova potenza verde
Il Decreto Aree Idonee Rinnovabili è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale
Dopo un lungo periodo di rimpalli tra MASE (Ministero dell’Ambiente) e Regioni, il Decreto Aree Idonee per le rinnovabili ha concluso il suo iter normativo. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 2 luglio 2024, il provvedimento ministeriale è entrato ieri formalmente in vigore. Nato con l’obiettivo di fare chiarezza sulle aree da destinare o meno agli impianti eolici e fotovoltaici, il testo finale, tuttavia, non centra a pieno l’obiettivo. Il braccio di ferro innescato da poter centrale e potere locale ha ottenuto come risultato quello di demandare il peso delle decisioni più importanti alle amministrazioni regionali. Senza compiere di fatto quella semplificazione e omogeneizzazione inizialmente sperata.
Ma il decreto in questione è molto di più. Nelle sue pagine sono infatti contenute le nuove quote di Burden Sharing, ossia le ripartizioni regionali dell’obiettivo nazionale per la capacità rinnovabile 2030. Nel dettaglio le 19 Regioni e le due Province autonome di Trento e Bolzano dovranno spartirsi 80 GW di potenza verde attesa per la fine del decennio.
Decreto Aree idonee 2024, cosa contiene il testo
Il Decreto Aree Idonee Rinnovabili è composto da 9 articoli in totale, suddividendo le norme in due capitoli: la ripartizione della potenza fra regioni e province autonome; i principi e i criteri per l’individuazione delle cd. aree idonee.
La disciplina è stata voluta dal decreto legislativo n. 199 del 2021, ma nella pratica avrebbe dovuto rispondere ad un bisogno “storico”. L’obiettivo iniziale era, infatti, quello di ridurre al minimo quegli spazi di dissidio che hanno connotato in passato il rapporto tra livelli di Governo proprio in riferimento al tema delle FER.
Tuttavia il provvedimento risponde anche ad una seconda esigenza, ossia dividere tra i territori quegli 80 GW di potenza verde che il Belpaese dovrebbe installare entro la fine di questo decennio. Nel dettaglio a ogni regione è stata assegnata una capacità minima da raggiungere annualmente, a partire dal 2021. Nel conteggio annuale rientrano tutti i nuovi impianti e i progetti di potenziamento. Sia terra che in mare. Ma vediamo la ripartizione nel dettaglio.
Burden Sharing 2030, le nuove capacità rinnovabile regionale
Ai fini del calcolo per il raggiungimento degli obiettivi territoriali, il Decreto Aree Idonee Rinnovabili tiene conto della potenza nominale degli impianti – nuovi, potenziati, riattivati, ricostruiti integralmente o oggetto di rifacimento – entrati in esercizio dal 1° gennaio 2021 “fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento”. Compreso il 100% della capacità installata in mare.
Per questi ultimi il Decreto prevede, in caso di connessioni ricadenti in regioni diverse da quelle in cui insistono gli impianti offshore, una speciale ripartizione della potenza. Il 20% a carico del territorio in cui si trovano le infrastrutture di connessione alla rete elettrica e il restante 80%, “in via proporzionale rispetto alla reciproca distanza, tra le altre regioni la cui costa sia direttamente prospiciente l’impianto”.
Ai fini del raggiungimento dei target regionali il nuovo schema Aree Idonee Rinnovabili riconosce per gli impianti geotermici ad alta e media entalpia e quelli idroelettrici “una potenza nominale aggiuntiva pari alla potenza di ogni fonte rinnovabile per il relativo parametro di equiparazione”. Contestualmente il testo affida al GSE il compito di pubblicare i parametri di equiparazione sulla base della producibilità media rilevata da idro e geotermia rispetto a quella da fonte fotovoltaica.
Il contributo maggiore? Sempre quello della Sicilia con oltre 10,4 GW per la fine del decennio, seguita dalla Lombardia (8,7 GW) e dalla Puglia (7,3 GW).
Impianti rinnovabili: aree Idonee, non idonee, ordinarie o vietate
In base al provvedimento Regioni e Province avranno 180 giorni per individuare sul loro territorio con propria legge quattro tipologie di zone:
- Le aree idonee, caratterizzate da un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a rinnovabili.
- Le aree non idonee, le cui caratteristiche sono incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti, sulla base delle linee guida governative già emanate.
- Le aree ordinarie, ossia aree diverse dalle precedenti in cui si applicano i regimi autorizzativi ordinari.
- Le aree vietate, zone che in base alle nuove norme introdotte con l’art.5 del DL Agricoltura sono precluse agli impianti fotovoltaici a terra.
Il potere di definire zone “appropriate e non” rimane, dunque, in mano alle autorità regionali e provinciali, ma, in caso di mancata adozione delle legge nei termini previsti e dopo un richiamo ufficiale con nuovo termine, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica adotterà “le opportune iniziative ai fini dell’esercizio dei poteri sostitutivi”.
Decreto Aree Idonee Rinnovabili: Principi e Criteri di individuazione
Il tema è stato uno dei più discussi durante l’iter di approvazione. Dopo una serie di rimaneggiamenti del testo, la formula finale del DM Aree idonee 2024 chiede alle Regioni di prendere in considerazione la massimizzazione delle aree da individuare al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi del Burden sharing. Dando priorità all’impiego di superfici di strutture edificate, quali:
- capannoni industriali
- parcheggi,
- aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica.
E verificando nel contempo l’idoneità di aree non sfruttabili per altri scopi, come ad esempio le superfici agricole non utilizzabili.
Alle amministrazioni regionali è lasciata la possibilità di classificare le superfici o le aree come idonee differenziandole sulla base della fonte, della taglia e della tipologia di impianto. Tenendo conto “delle aree immediatamente idonee di cui all’articolo 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Nelle aree non idonee entreranno automaticamente tutte quelle zone e superfici ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Una delle parti più contestate? Le nuove fasce di rispetto, ossia quelle porzioni di territorio a protezione di elementi sensibili nelle quali le trasformazioni urbanistico-edilizie sono sottoposte a disciplina specifica. In base al nuovo decreto le Regioni possono stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto. Con un limite massimo di 7 chilometri. I rifacimenti sono esclusi.
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