L’annuncio del titolare del MASE implica la realizzazione in Italia, in tempi brevissimi, di nuovi reattori nucleari. È la prima volta che il governo prospetta un ritorno all’atomo con queste tempistiche. Finora l’orizzonte per nuove centrali era il 2030-2050
Finora il ruolo del nucleare nel PNIEC era limitato a R&D e collaborazioni industriali
L’energia dall’atomo avrà una quota di circa il 10-11% nel mix energetico nazionale al 2030. Lo ha annunciato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto, dettagliando il ruolo riservato al nucleare nel PNIEC che il governo si appresta a inviare a Bruxelles entro fine giugno. È la prima volta che l’esecutivo prevede un ritorno al nucleare in tempi così brevi.
Non solo R&D
Finora, l’apertura del governo Meloni all’atomo era rimasta confinata lungo due binari. Da una parte uno “scenario nucleare” da inserire nel Piano nazionale integrato energia e clima, ma solo relativo al periodo 2030-2050. Lo aveva specificato lo stesso Pichetto a fine aprile, spiegando che il MASE stava lavorando a una “analisi di scenario contenente una possibile quota di energia prodotta da fonte nucleare nel periodo 2030-2050”.
Dall’altro lato, nel breve e medio termine, l’esecutivo parlava solo di attività di ricerca e di preparazione della filiera industriale italiana attraverso partecipazioni a iniziative estere ed europee. L’ultima versione del PNIEC apriva a “sperimentazioni su soluzioni innovative” per “preparare la filiera nucleare italiana in una prospettiva al 2050 con l’impiego di tecnologie innovative”. A questo scopo sono già state destinate delle risorse da Mission Innovation. Sui 502 milioni totali, 135 (il 25%) sono diretti alla ricerca sugli SMR (Small Modular Reactor), i mini-reattori nucleari, e sugli AMR (Advanced Modular Reactor), relativamente alla tecnologia del raffreddamento a piombo fuso dei reattori di IV generazione.
Nucleare nel PNIEC, il MASE accelera
L’annuncio di Pichetto è andato ben più in là anche della recente mozione con cui la maggioranza ha impegnato il governo a considerare di inserire nel PNIEC, tra gli altri aspetti, anche un’attenzione per l’atomo.
L’atto presentato in prima firma da Luca Squeri (FI) e votato alla Camera il 26 giugno parla di un ruolo del nucleare nel PNIEC che passi da “un approfondimento riguardo la valutazione sugli effetti dell’eventuale adozione, nell’orizzonte temporale successivo al 2030 e traguardando gli obiettivi 2050, di tecnologie di generazione energetica basate sulla fonte nucleare, quali a titolo esemplificativo i reattori nucleari di piccole dimensioni (Smr), i piccoli reattori nucleari avanzati (Amr), i microreattori e le macchine a fusione”.
La mozione chiede poi di preparare il campo alla futura adozione del nucleare con una serie di passaggi che consolidano governance e aspetti tecnici del processo. Suggerisce la creazione di una “Autorità nazionale per la regolamentazione tecnica e le istruttorie connesse ai processi autorizzativi, le valutazioni tecniche, il controllo, anche ispettivo, e la vigilanza degli impianti”. E anche di un’agenzia che valuti “lo stato delle infrastrutture di base necessarie per avviare un programma nucleare nazionale” e informi le scelte del governo. Chiede, infine, di valutare l’opportunità di “incrementare programmi di finanziamento per la ricerca e il potenziamento dell’industria nazionale nel settore nucleare”.
Tutti punti che costituirebbero lo sviluppo di quanto, in modo embrionale, sta svolgendo la Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile lanciata dal governo a settembre 2023. Lo scorso aprile, facendo il punto sull’avanzamento dei lavori della piattaforma, Pichetto aveva annunciato la fine della 1° fase e la prossima elaborazione di una strategia nazionale per definire azioni e risorse necessarie al ritorno all’atomo. Strategia che dovrebbe vedere la luce entro fine mese.
Il nodo delle tempistiche per gli SMR
Alcune tecnologie per il nucleare di piccola taglia sono già disponibili. Sono pochi gli SMR già in funzione e alcune decine quelli in costruzione o in fase di progettazione. Sulla carta, i tempi di realizzazione stimati dall’industria si aggirano sui 3 anni, con un margine inferiore di 24 mesi prospettato per il BWRX-300 di Hitachi. Modularità e possibilità di impiegare elementi pre-fabbricati sarebbero i fattori che consentirebbero di tagliare i tempi rispetto ai reattori convenzionali di grossa taglia.
Nella pratica, non è assicurato che queste tempistiche possano essere rispettate. Un’analisi di IEEFA calcolava di recente che, per i reattori già costruiti, i tempi reali sono stati circa 4 volte più lunghi: 12-13 anni invece di 3-4. Un fattore dirimente, questo, visto che mancano appena 5 anni e mezzo al 2030.