Fra 2021 e 2023, il Belpaese ha attirato solo 1,3 miliardi, meno del 2% del volume totale di investimenti affluito in Europa. Risorse peraltro a rischio dopo l’annuncio in settimana, da parte di Stellantis e Mercedes-Benz, di voler congelare il progetto della gigafactory di Termoli. L’Italia fa 10 volte peggio della Germania e 20 volte peggio del Regno Unito
Stellantis ha diretto il 75% degli investimenti in mobilità elettrica negli USA, solo il 10% in Europa
Tra il 2021 e il 2023, le 19 maggiori case automobilistiche globali hanno investito 70 miliardi in Europa per lo sviluppo dell’industria e delle infrastrutture per la mobilità elettrica. Ma l’Italia ha attirato soltanto 1,3 miliardi, meno del 2%, confermandosi ultima tra le grandi economie UE. I principali competitor del Belpaese hanno volumi di investimenti in mobilità elettrica ben diversi. La Germania ne ha ottenuto 10 volte tanto (13 mld), la Spagna ha ricevuto flussi 8 volte maggiori (10 mld), il Regno Unito addirittura 20 volte di più dell’Italia (26 mld).
Investimenti che potrebbero peraltro essere a rischio, sottolinea un rapporto pubblicato da Transport & Environment. L’intero ammontare si riferisce ad un unico intervento, quello sul progetto di gigafactory a Termoli. L’ACC, la joint venture tra Stellantis, Mercedes e TotalEnergies dietro l’investimento, ha annunciato il 4 giugno di aver messo in pausa il progetto, citando la necessità di sviluppare batterie più economiche e il rallentamento della domanda di veicoli elettrici.
Investimenti in mobilità elettrica, i problemi dell’Europa
A sua volta, l’Europa appare in difficoltà e poco attrattiva rispetto al Nord America. Nonostante abbia volumi di produzione di EV, batterie e di punti di ricarica superiori a quelli di Stati Uniti, Canada e Messico, ha ottenuto solo il 26% degli investimenti in mobilità elettrica a livello globale, contro il 37% dell’America centro-settentrionale (97 mld). Dando uno sguardo più ravvicinato ai dati, quello più significativo è relativo ai flussi di investimenti esteri. Solo il 20% degli investimenti in Europa provengono da industrie extraeuropee; in Nord America gli investimenti stranieri sono al 65%. Per T&E è “emblematico” il caso di Stellantis: la seconda casa automobilistica europea ha diretto il 74% dei suoi investimenti Nord America e ha impegnato solo il 10% nella propria regione. C’è poi da considerare il trend negativo a livello continentale: in Europa gli investimenti tra 2022 e 2023 sono calati.
Le ragioni? Secondo T&E, uno dei fattori principali potrebbe essere l’assenza di obiettivi di riduzione delle emissioni per le case auto tra il 2025 e il 2030. Ma ha un peso anche l’incertezza del quadro normativo, con le continue oscillazioni politiche sul target di emissioni zero per le autovetture entro il 2035. Poi ci sono fattori in parte esterni, su tutti la forza di attrazione delle politiche di sussidio messe in campo dagli Stati Uniti con l’Inflation Reduction Act. Ma l’Europa sconta anche una debolezza nella politica industriale per costruire una sua catena di approvvigionamento per la mobilità elettrica.
“Per ribaltare questa situazione, e garantire crescita industriale e posti di lavoro, il primo passo è quello di porre fine a ogni incertezza sull’obiettivo dell’UE di auto a emissioni zero per il 2035” , sottolinea Andrea Boraschi, direttore dell’ufficio italiano di T&E. “In questo quadro, il Paese che più di altri deve cambiare strategia è l’Italia. I numeri del nostro studio provano che le crociate contro la mobilità elettrica si traducono solo nel rimanere ai margini del flusso degli investimenti: un modo pressoché infallibile, purtroppo, per mettere a rischio decine di migliaia di posti di lavoro e un’industria che vale oltre il 5% del nostro PIL”.