RIS8imo è stato ottenuto con le TEA, le Tecniche di Evoluzione Assistita che non sono OGM. In una risaia in provincia di Pavia è stata avviata la prima sperimentazione in campo. Il miglioramento genetico delle piante dovrebbe renderle resistenti alle patologie e alla siccità
RIS8imo, le TEA arrivano in campo aperto
È partita la coltivazione di RIS8imo, prima sperimentazione italiana di riso con le TEA, ovvero le Tecniche di Evoluzione Assistita. 200 piante su 28 metri quadri di risaia.
RIS8imo è stato sviluppato da un gruppo di ricercatori dell’Università Statale di Milano che, dopo le prove in laboratorio, lo hanno portato in campo aperto, cioè nella risaia dell’azienda agricola Radice Fossati a Mezzana Bigli, in provincia di Pavia. I ricercatori dei dipartimenti di Scienze agrarie e ambientali e di Bioscienze lavorano al progetto di RIS8imo dal 2017.
Cosa sono le TEA
Prima di arrivare alla sperimentazione in campo aperto, RIS8imo ha ricevuto l’approvazione del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). È infatti la prima sperimentazione in campo da vent’anni, ed è la prima autorizzata con piante ottenute con le TEA.
Le Tecniche di Evoluzione Assistita sono delle tecniche di precisione per il miglioramento genetico delle piante classificate come non OGM perchè modificano il genoma della pianta senza inserire DNA estraneo.
Si basano su tecniche biomolecolari che permettono di inserire delle mutazioni puntiformi all’interno dei genomi delle piante: in sostanza si ricreano in laboratorio delle mutazioni che avvengono spontaneamente in natura. Questa tecnica permette di ottenere piante più produttive e soprattutto più resistenti ai batteri, ai funghi e alla siccità, ma il tema è ancora divisorio in ambito scientifico.
RIS8imo dovrebbe resistere al brusone senza agrofarmaci
La varietà di riso piantato a Mezzana Bigli dovrebbe resistere, senza pesticidi, all’attacco del fungo Pyricularia oryzae che causa il brusone, una grave patologia che può portare alla perdita del 50% della produzione. Inoltre, contro questo fungo sono efficaci pochi farmaci.
Come spiega Vittoria Brambilla, docente di Botanica generale nel dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell’Università Statale di Milano, che guida il progetto RIS8imo, «il riso italiano della tipologia Arborio piantato in campo presenta le varianti inattivate di 3 geni che sono associati alla suscettibilità a brusone. Potrebbero trovarsi anche con bassa frequenza in natura, ma noi le abbiamo inserite in modo preciso tramite le TEA».
I test di resistenza in laboratorio sono stati soddisfacenti sia per la produttività che per l’assenza di agrofarmaci.
Se la prova in campo non mostrerà difetti, i ricercatori hanno intenzione di ripetere la sperimentazione la prossima stagione «per verificare la stabilità in diversi ambienti», come afferma Roberto Defez, biotecnologo del CNR di Napoli, consulente della Fondazione Bussolera Branca (finanziatrice del progetto) e membro del Comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi.
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Nel 2025 l’Ente Nazionale Risi avrà un ruolo attivo per «ripetere la sperimentazione su superfici più ampie che il nostro centro di ricerca può offrire. L’obiettivo è quello di replicare ancora su altri territori, come Vercelli e Novara, per valutare le differenze dei risultati su suoli diversi, seppure vocati alla risicoltura», dichiara la presidente Natalia Bobba.
La posizione di Legambiente
Cauta la posizione di Legambiente, come spiega il responsabile Agricoltura, Angelo Gentili: «Le nuove biotecnologie dovrebbero essere applicate, pur garantendo le sperimentazioni, con il rigoroso rispetto del principio di precauzione. La transizione ecologica del settore primario richiede molta ricerca e innovazione, ma crediamo che l’avanzamento della deregolamentazione dei “nuovi OGM” a livello europeo rischia di cancellare tutti i progressi fatti in materia di etichettatura e tracciabilità. Il dibattito su questo argomento è molto vivo, ma riteniamo che occorra un cambiamento di sistema per la transizione ecologica in agricoltura e che le TEA non siano la “panacea” per tutti i mali, anche in ottica di risposta ai cambiamenti climatici».