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Gap del Mezzogiorno nello sviluppo delle rinnovabili: svantaggio o opportunità?

Distribuzione operatori rinnovabili in Italia: squilibrio tra nord e sud evidenziato dall'indagine di Rinnovabili.it. Sottolineata l'opportunità di sviluppo nel sud e l'importanza di strumenti promozionali. Miglioramento dell'efficienza energetica raccomandato per ridurre lo squilibrio regionale.

Quanti sono gli operatori italiani nei settori che gravitano sulle energie rinnovabili e, specialmente, la loro distribuzione sul territorio risponde a pieno alla domanda locale?
Per iniziare a comprendere un settore tendenzialmente in grande espansione, ma caratterizzato ancora da notevoli incertezze, rinnovabili.it ha deciso di svolgere un’indagine sul mercato degli operatori italiani nel settore delle fonti rinnovabili, di cui pubblichiamo, in anteprima, uno stralcio.
Se si osserva lo scenario italiano dell’energia dopo i profondi cambiamenti organizzativi determinati dalla stralcio dell’indagine realizzata da liberalizzazione del mercato non si può far a meno di notare le profonde differenze che caratterizzano le diverse aree della nazione. Iniziamo da un dato basilare: l’Acquirente Unico dell’energia elettrica rappresenta la situazione nazionale dei distributori in questo modo:

Nella schematica divisione tra nord, centro e sud, viene evidenziato uno squilibrio – almeno numerico – tra i soggetti delle varie regioni che distribuiscono l’energia elettrica.
Se si analizza la distribuzione delle aziende municipalizzate che si occupano dei servizi pubblici locali si ha una conferma di queste indicazioni, con una ripartizione non dissimile ai valori rappresentati dalla figura. Diversamente, se si esamina specificatamente il settore dell’energia, lo sbilanciamento geografico tra nord e sud appare ancora più evidente rispetto alla situazione dei servizi pubblici in generale, quasi a segnalare, per le aree meridionali, una difficoltà di tipo organizzativo negli specifici ambiti energetici. I numeri migliorano un poco se si aggiungono, ai dati precedenti, anche i consorzi e le aziende consortili dedicate all’energia, che rappresentano entità organizzative complementari alle aziende di servizio pubblico, nella filiera energetica e produttiva:

Assumendo queste informazioni come dati di fatto, rimandando ad altre occasioni l’indagine sui meccanismi che hanno prodotto o influenzato questa situazione, intendiamo affrontare, in parallelo, i dati che emergono da un’indagine svolta da rinnovabili.it sul mercato nazionale dell’energie da fonte rinnovabile. (ad esclusione degli interlocutori istituzionali, le associazioni e le agenzie territoriali degli enti pubblici locali).
La distribuzione dei soggetti che operano nella filiera della produzione d’energia da fonti rinnovabili in Italia ha la seguente ripartizione territoriale:

Anche se permane una distribuzione geografica spostata verso il nord d’Italia, c’è da rilevare che lo squilibrio sopra citato tra le zone d’Italia è leggermente inferiore, con un recupero del centro e del mezzogiorno. Si potrebbe pensare pertanto che nel settentrione oltre al maggior fabbisogno energetico, indotto dalle attività produttive (che hanno fatto sorgere innumerevoli piccole iniziative di produzione autonoma e di risparmio energetico) è più diffusa una cultura ed un’attenzione alle fonti rinnovabili.
Tale situazione, tuttavia, non rispecchia nè l’effettiva domanda energetica né la relativa produzione (come dimostrano le figure seguenti da fonte Enea):

Ciò fa pensare ad un possibile sviluppo del meridione nell’utilizzo delle fonti rinnovabili e, al contempo, all’esigenza di una serie di strumenti – non solo di agevolazione finanziaria ma anche di comunicazione – che promuovano la crescita del settore nelle aree del Mezzogiorno ed incrementino conoscenza e collegamenti tra utenti e mondo produttivo.

E’ interessante anche fare un primo confronto con la quantità d’energia lorda prodotta dalle fonti rinnovabili in ogni regione ed il numero degli specifici operatori. Anche se tale accostamento è improprio per le diverse peculiarità naturali delle aree italiane, per i rispettivi sviluppi industriali e le differenti tipologie d’energia, è interessante assumerlo come indicatore del livello d’intensità produttiva.

Appare così un primo indicatore della concentrazione produttiva o – al contrario – della frammentazione esistente negli impianti produttivi.

Dove emerge la differenza in termini di volumi di GWh prodotti tra le varie regioni, anche se per il caso della Val d’Aosta il peso dell’idrologico appare preponderante ed anomalo rispetto al resto d’Italia.

Un altro confronto geografico tra le regioni è possibile paragonando per ciascuna il numero degli operatori che producono energia pulita o si occupano, a vario titolo, della relativa filiera rispetto alla quantità di energia prodotta da fonte rinnovabile e rispetto al consumo regionale di energia; questi rapporti costituiscono due indicatori efficaci per rappresentare, in termini di mercato, la capacità di risposta di un territorio alle esigenze energetiche locali ovvero – in caso di basso valore – il gap settoriale delle fonti rinnovabili.

Va specificato che i dati numerici, facendo riferimento alle sedi societarie e non alla localizzazione degli impianti, assumono un valore relativo, ma tale aspetto influenza solo marginalmente il risultato, che rivela ugualmente aspetti singolari mentre conferma altri aspetti già noti.

In altri termini le regioni che hanno l’indicatore negativo denunziano un basso numero di addetti del settore delle fonti rinnovabili e rappresentano un notevole spazio d’opportunità per gli operatori e per il mercato ovvero indicano che la relativa regione ha uno sbilancio energetico tra consumi e produzione da rinnovabile notevole e lontano dai livelli d’autonomia regionale e dai parametri fissati dall’Unione Europea.

*Livio Del Bianco*

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