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Pale e referendum

C’è sempre una prima volta. E la prima volta nel nostro paese è stata grazie al signor Aurelio Pellegrino, al momento sindaco di Montescudaio (Pisa), al quale 593 suoi concittadini hanno suggerito, tramite regolare referendum, di optare per uno sviluppo delle fonti di energia rinnovabili, attraverso la scelta di quella eolica

In questa storia si parla di vento, di consultazioni referendarie, di pale, di energia… Ma cerchiamo di fare un po’ d’ordine. Iniziamo allora dall’incantevole borgo toscano di Montescudaio, dove il sindaco, e con lui il consiglio comunale, ha scelto di imboccare la via dell’utilizzo di energie tratte dalle fonti rinnovabili.
Non sappiamo, al momento in cui scriviamo, chi, in quest’ambito, abbia suggerito al sindaco la via dell’eolico e quindi l‘utilizzazione di quella tecnologia che ultimamente ha creato una serie di polemiche, anche all’interno del mondo ambientalista.
Nel dubbio, e probabilmente anche per porsi al riparo da ogni protesta o contestazione, il sindaco Pellegrino ha deciso di indire una consultazione popolare: “Volete voi, sul suolo di Montescudaio, le pale eoliche? O no?”.
I montescudaini (si chiameranno così?) hanno raccolto di buon grado l’idea della consultazione, accorrendo al voto in 874 (su 1580 aventi diritto al voto). E, superato il quorum di validità, con una schiacciante vittoria, 593 sì contro 274 no, hanno dato il via libera alle suddette pale.
Tutto a posto quindi.
Beh, per noi no. Ma non per la scelta in sé, sulla quale, in questa sede, non vogliamo assolutamente entrare nel merito. Il nostro disappunto è invece sul metodo.
Sia ben chiaro: siamo in un regime di democrazia e il referendum è uno dei momenti più alti della partecipazione popolare alle decisioni che coinvolgono i cittadini e la cosa pubblica. Però… C’è in questo caso un però ingombrante. Infatti, come si può utilizzare uno strumento strettamente politico per dirimere una questione squisitamente inerente alla compatibilità ambientale di determinate tecnologie? Come si può chiedere una consulenza specializzata (perché di questo in realtà si tratta) a chi nella vita si occupa di commerciare in vini, di gestire un agriturismo, di far funzionare una fabbrica di biscotti o di tinteggiare facciate di palazzi?
Le scelte sulla pianificazione e sulla strategia energetica si basano anche sulla scienza della Valutazione Ambientale che è l’unico strumento, per altro molto complesso, a disposizione dell’Amministratore Pubblico. È solo attraverso questa metodica che si possono affrontare, in modo integrato ed approfondito, tutti i parametri ambientali che concorrono alla difficile scelta.
Ci sembra, quindi, decisamente demagogico chiedere scelte a cittadini che, generalmente senza competenze specifiche, si sentono chiedere un’indicazione su una materia così controversa e delicata, che spesso non trova d’accordo nemmeno scienziati, studiosi, tecnici o cattedratici.
Anzi, ci verrebbe da dire di più. E se domani questa scelta si rivelasse inadeguata o peggio dannosa? Gli amministratori si potrebbero prontamente lavare le mani e tirarsi fuori da qualsiasi responsabilità, dato che c’è stato il pronunciamento di ben un 68,3% della popolazione di Montescudaio a favore delle fatidiche pale.
È questa la via giusta per una nuova politica energetica? È chiaro che cittadini e utenti debbano essere informati e, per quanto possibile, resi edotti delle scelte che vengono fatte in materia. Ma trasformarli in consulenti specializzati ci sembra davvero una stortura che non sta in piedi. Non è certo questo il modo di rinnovare le nostre scelte energetiche.
Rinnoviamoci sì, ma bando alla demagogia.

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