Un’inchiesta del Guardian raccoglie le prime stime dei danni causati all’ambiente dal conflitto. L’analisi di immagini satellitari rivela che fino al 48% della copertura forestale e delle terre coltivate sono state devastate dalle operazioni belliche tra il 7 ottobre e fine marzo
I dati della Kent State University e di Forensic Architecture
(Rinnovabili.it) – Dall’inizio dell’invasione di Gaza da parte di Israele, il Sudafrica e altri paesi hanno chiesto alla Corte internazionale di giustizia di valutare se si tratta di genocidio. Secondo i dati forniti da Hamas le vittime del conflitto sarebbero più di 32mila, mentre le operazioni di terra dell’esercito israeliano e la chiusura quasi totale all’afflusso di aiuti umanitari sono state bollate da molti paesi come “punizione collettiva”, un crimine di guerra secondo il diritto internazionale umanitario. Non è l’unica accusa di questa portata che potrebbe essere mossa a Israele: il conflitto devasta anche l’ambiente e potrebbe avere dimensioni tali da poter parlare di ecocidio.
Ecocidio e diritto internazionale
Ad oggi sono pochissimi i casi in cui la giustizia internazionale ha sanzionato uno stato per i danni causati all’ambiente durante un conflitto. Le convenzioni internazionali citano il tema ma la loro applicazione è spesso molto complicata, soprattutto perché bisogna dimostrare l’intenzionalità delle parti in guerra.
L’UE si sta muovendo su questo fronte a livello di Europarlamento: un anno fa è passata la proposta di inserire l’ecocidio negli ordinamenti nazionali. Anche se ogni stato si può rifiutare, dovrà motivare la scelta. In parallelo, la Corte penale di giustizia dell’Aja da febbraio 2024 sta valutando se e come espandere il suo mandato per perseguire anche i crimini contro l’ambiente.
L’altro aspetto dirimente per portare i crimini contro l’ambiente in un tribunale internazionale è la qualità e la quantità dei dati disponibili: anche per questa ragione, ad esempio, l’Ucraina ha iniziato fin dai primi mesi del 2022 a raccogliere in modo sistematico i dati sugli effetti dell’invasione russa sugli ecosistemi.
Cosa sta succedendo a Gaza?
Cosa che, al contrario, non sta accadendo a Gaza. Ma la difficoltà di accedere alla Striscia non significa che non sia possibile avere un’idea della scala della distruzione ambientale in corso. I primi tasselli li prova a mettere un’inchiesta pubblicata oggi dal Guardian che si basa su osservazioni satellitari.
Secondo l’analisi condotta da He Yin, docente della Kent State University statunitense che ha lavorato anche ai danni all’ambiente durante la guerra in Siria, a Gaza sarebbe stata distrutta o danneggiata il 48% della copertura forestale nel periodo tra il 7 ottobre – la data dell’attacco di Hamas alle colonie israeliane vicino alla Striscia, che ha causato più di 1200 vittime – e il 21 marzo. In parte in modo diretto, in parte perché il blocco di Gaza e la carenza di combustibile hanno spinto gli abitanti a tagliare alberi per cucinare e riscaldarsi.
Numeri simili a quelli forniti da una seconda fonte, il gruppo di ricerca indipendente con sede a Londra Forensic Architecture. Prima del 7 ottobre, dalle immagini satellitari risultavano aree coltivate per 170 km2, il 47% della superficie totale della Striscia. Alla fine di febbraio, le operazioni militari condotte da Israele ne avrebbero distrutto il 38%, 65 km2. Inoltre, sarebbe stato distrutto quasi 1/3 delle 8mila serre presenti, percentuale che arriva al 90% nella parte settentrionale della Striscia.
A questi danni si sommano poi i possibili effetti inquinanti su terreno e acqua che derivano alla quantità di esplosivi impiegati a Gaza e dalla distruzione di edifici, che può rilasciare combustibile, sostanze chimiche e amianto. A gennaio, sempre da analisi satellitari risultava distrutto il 50-62% di tutti gli edifici di Gaza.