L’analisi dei parametri con cui le 25 maggiori major fossili calcolano la remunerazione dei vertici aziendali rivela che tutte – tranne una – premiano i CEO che espandono la produzione di petrolio e gas. Anche se i loro piani climatici e le strategie per la transizione si basano su una riduzione della domanda di fossili
Il rapporto di Carbon Tracker Initiative
(Rinnovabili.it) – Le maggiori compagnie fossili al mondo hanno presentato piani climatici e stabilito obiettivi per la transizione energetica. Ma si comportano ancora come se la domanda di combustibili fossili continuasse a crescere nei prossimi decenni: elargiscono lauti premi ai vertici per l’espansione delle attività di estrazione. E lo fanno strutturalmente. Non solo: più i piani per la transizione sono ambiziosi, più – paradossalmente – i CEO che aumentano la produzione di fossili vengono remunerati.
“È sempre più probabile che vedremo un picco della domanda per ciascuno dei combustibili fossili entro la fine del decennio. Per la maggior parte delle compagnie petrolifere e del gas ciò significa pianificare che la propria produzione diminuisca nel tempo, ma seguendo le loro politiche di remunerazione questo generalmente non sembra essere previsto”, spiega Saidrasul Ashrafkhanov, autore del rapporto “Crude Intentions II” pubblicato da Carbon Tracker Initiative.
Delle 25 maggiori compagnie fossili quotate in borsa, soltanto una – Occidental Petroleum – non dà più incentivi all’espansione delle fossili nelle proprie metriche per calcolare i compensi dei vertici aziendali. E 9 politiche retributive aziendali sono ancora “parzialmente o completamente segrete”. Sono le compagnie petrolifere nazionali le peggiori da questo punto di vista.
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Ma anche chi rende pubblici i documenti sgarra. E lo fa sempre di più nascondendo l’aumento degli incentivi alla produzione fossile dietro slogan ed etichette per la transizione energetica. “Ad esempio, aziende come Bp, Chevron, ExxonMobil e TotalEnergies sostengono strategie incentrate sulla transizione, ma che includono incentivi per aumentare la produzione. Inoltre, alcuni parametri che incentivano gli investimenti “a basse emissioni di carbonio” guidano la crescita del gas “naturale”, riflettendo la promozione del gas come combustibile “a basse emissioni di carbonio” o “di transizione””, spiega il rapporto.
Spesso, poi, le metriche usate non sono affatto allineate agli obiettivi strategici dichiarati, e non solo per quanto riguarda l’espansione o meno delle fossili. Tra le aziende che fissano parametri di remunerazione per la riduzione delle emissioni, solo 5 hanno incorporato metriche che corrispondono direttamente agli obiettivi aziendali più ampi per la riduzione delle emissioni.
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Nel complesso, ancora una volta le compagnie europee fanno meglio di quelle americane. Le prime, infatti, nel calcolare le retribuzioni dei vertici aziendali, danno più peso agli sforzi per orientarsi verso nuovi mercati e sono più propense a incentivare le energie rinnovabili e altre forme di energia a basse emissioni di carbonio rispetto alle aziende con sede negli Stati Uniti.