Anche solo ampliando dell’1% l’anno le aree montane con copertura arborea, i benefici in termini di mitigazione del climate change sono significativi. E sono accompagnati da vantaggi per gli ecosistemi montani, l’economia locale e la sicurezza alimentare
Lo studio coordinato dal CMCC stima il potenziale dell’agroforestazione in montagna
(Rinnovabili.it) – Aumentare anche solo dell’1% l’anno la copertura arborea in montagna fa molto bene al clima, alla biodiversità e all’economia delle terre alte. Perché dà risultati tangibili in un decennio nella mitigazione del cambiamento climatico, che ad alta quota corre a ritmo doppio rispetto alla media globale. E rafforza gli ecosistemi, oltre a ripristinare i terreni degradati e migliorare la sicurezza alimentare. Lo rivela uno studio sul potenziale delle pratiche di agroforestazione in montagna condotto da un gruppo internazionale di scienziati coordinato dalla Fondazione CMCC.
Qual è la particolarità dell’agroforestazione in montagna? A quote elevate, a livello globale, si stima che sia concentrato il 29% del cosiddetto “carbonio irrecuperabile”, ovvero quello che una volta disperso non potrà essere recuperato in tempi ragionevoli secondo la letteratura scientifica. Aumentare la biomasse nelle terre alte, quindi, significa innanzitutto potenziarne il ruolo di pozzo di carbonio affidabile.
Il potenziale dell’agroforestazione in montagna
La quantità di carbonio aggiuntiva che potrebbero sequestrare gli ecosistemi montani – senza effetti avversi, anzi migliorando i servizi ecosistemici e dando benefici all’economia locale – è elevata. Lo studio analizza due scenari. Nel primo, potenziando in modo incrementale l’agroforestazione, si riuscirebbe a stoccare 0,5-0,7 miliardi di tonnellate di carbonio (GtC). Nel secondo si ipotizza invece un cambiamento sistemico e si arriva a un potenziale di 1,1-2,7 GtC. Si stima ad esempio che un aumento del 10% della copertura arborea su tutti i terreni agricoli nelle regioni montane possa sequestrare circa 3 GtC. Per fare un paragone, le perdite di carbonio dovute alla conversione dell’uso del suolo nelle regioni tropicali sono state stimate in 0,6-1,2 GtC l’anno.
“Gli alberi nelle aziende agricole sono una strada da percorrere per la transizione verso sistemi agricoli migliori, con un’impronta di carbonio più bassa e pratiche ecocompatibili, e sono particolarmente adatti a fornire benefici ecosistemici nei terreni spesso accidentati e a rischio di erosione delle regioni montane”, commenta Robert Zomer, primo autore dello studio.
“Dare importanza agli approcci agroforestali paesaggistici per la protezione del carbonio irrecuperabile in montagna consiste nel fornire alle comunità montane opzioni di sostentamento alternative, sostenibili e rispettose della biodiversità, che riducono la pressione sulla biodiversità locale e su altre risorse naturali, migliorando al contempo i mezzi di sussistenza di alcuni degli agricoltori più poveri del mondo”, ha dichiarato Antonio Trabucco, senior scientist al CMCC, tra gli autori dello studio.