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Emergenza rifiuti e il rifiuto del buonsenso

Questo sembra essere il problema più grande, aldilà della devastante emergenza sanitaria, ambientale, sociale e politica. Dopo la perdita del dovere istituzionale, dopo l’assenza di senso etico, dopo la scomparsa di competenze tecniche, anche “il buon senso”, che dovrebbe essere l’ultima risorsa di chi ci amministra, sembra sparito dalle dichiarazioni, dalle promesse e dagli appelli.

Già, i “rifiuti” che dovrebbero essere eliminati, rimangono, il “buon senso” che dovrebbe essere l’ultima risorsa dei nostri amministratori, sembra invece essere “rifiutato” e quindi eliminato.
Questa per lo meno l’impressione che si riporta nelle ultime ore, quando sotto l’incalzare delle proteste, a volte anche violente, e della situazione in loco, che diviene sempre più drammatica, le dichiarazione di politici di governo, dell’opposizione e di amministratori locali, a vari livelli, risultano vaghe, palesemente inattuabili, a volte populistiche. Coralmente danno l’impressione di una classe politica dirigente spaesata, che non riesce a indicare una strada e che non dimostra competenza, nè autorevolezza per farla accettare. Le dichiarazioni, si succedono in direzioni diverse, con promesse che evidentemente non potranno essere mantenute, ma soprattutto dando la sensazione che, chi di dovere, non abbia competenze e strategie per soluzioni immediate a breve o a lungo periodo che siano.
Non vogliamo fare di tutta l’erba un fascio, ma qui ormai le responsabilità si sono affastellate negli anni. Le soluzioni-tampone sono divenute permanenti. Le competenze si sono triangolate tra amministrazioni locali, governo centrale e commissari straordinari. In più, e non è certo un segreto, c’è la malavita organizzata che nel business dei rifiuti ha messo ben più che il proverbiale zampino. In tutto ciò anche la magistratura ha avviato il suo meccanismo inquirente che ha già portato all’iscrizione nel registro degli indagati nomi di politici di primo piano. C’è di mezzo la responsabilità di governi di centro-sinistra e di centro-destra, di commissari straordinari che dal 2000 si sono avvicendati, senza evidentemente incidere in modo significativo. Anzi, secondo la Corte dei Conti, nell’ultima relazione dei magistrati Mezzera e Liberati, aggiornata al 2005, si denuncia che su otto bandi di gara per realizzare impianti di compostaggio (o valorizzazione dei rifiuti provenienti da raccolte differenziate), solo uno è stato alla fine sottoscritto. Le altre sette gare sono saltate anche per i ritardi e le lungaggini della gestione commissariale(!), che hanno comportato la “perdita, per decorso dei termini, dell’utilizzazione dei fondi comunitari”.
Fondi comunitari si sono aggiunti al fiume di soldi che attraversa e avviluppa questa drammatica vicenda. Dal 1994 al 2006 la sola Ue ha stanziato oltre 250 miliardi di euro per tale emergenza.
Ma questa cuccagna rischia di finire, visto che il Commissario europeo per l’Ambiente, Stavros Dimas, ha parlato chiaro alle autorità italiane: “Le dichiarazioni di buona volontà non bastano più e se il Governo Prodi non passerà ai fatti, prendendo immediatamente misure concrete per risolvere la situazione rifiuti, si passerà alla seconda fase della procedura d’infrazione che consiste in un parere motivato, ultimo richiamo scritto da parte della Commissione europea. Se l’Italia non si conformerà al parere motivato, il caso passerà direttamente alla Corte di Giustizia europea, con il rischio che il nostro paese si ritrovi a dover pagare ingenti sanzioni pecuniarie nel caso in cui sia riscontrata una violazione del trattato”.
C’è poco da aggiungere. L’unica speranza è che in qualche modo Prodi e il governo, la regione Campania e il suo governatore Bassolino, la città di Napoli e il sindaco Jervolino, nonché le amministrazioni coinvolte, diano tutti prova almeno di buon senso, è che procedano con quel minimo di competenza, di senso del dovere che in certi casi è obbligatorio dimostrare.
Ci aspettiamo che, anche il Ministero dell’Ambiente che finora non ha brillato né per iniziative, ma nemmeno per battere i pugni sul tavolo, dia un qualche segno della sua presenza.