Il processo sviluppato da un team internazionale usa sistemi bioibridi e luce solare per una produzione di sostanze chimiche efficiente e pulita
I batteri Vibrio natriegens digeriscono gli inquinanti creando nanoparticelle semiconduttive che li rendono sistemi bioibridi da istruire alla produzione di 2,3 butadiolo
(Rinnovabili.it) – Un team di scienziati internazionali ha scoperto un nuovo metodo per trasformare i contaminanti delle acque reflue in preziose sostanze chimiche. Il processo, per di più, utilizza la luce solare tramite sistemi bioibridi, aprendo la strada a una produzione chimica sostenibile.
Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature e rappresenta un passo avanti interessante nel panorama della produzione chimica. Questa infatti si basa normalmente su processi ad alta intensità energetica. I sistemi bioibridi semiconduttori che hanno consentito di sfruttare invece l’energia del sole integrano materiali in grado di raccogliere la luce e cellule viventi.
In questo studio, i ricercatori hanno deciso di convertire gli inquinanti delle acque reflue tramite bioibridi semiconduttori direttamente nelle acque stesse. In pratica, si utilizzano il carbonio organico, i metalli pesanti e i solfati presenti come materie prime per la costruzione di questi sistemi bioibridi. Dal loro lavoro si ottiene 2,3-butandiolo (BDO), un prezioso prodotto chimico utilizzato come precursore di varie materie plastiche e pesticidi.
Non è facile per i batteri digerire le acque reflue e un altro scoglio è costituito dalla presenza di sale e ossigeno, trattabili solo da batteri con capacità aerobica di riduzione del solfato. I ricercatori hanno quindi selezionato un batterio marino a crescita rapida, il Vibrio natriegens, che ha una tolleranza eccezionale al sale e la capacità di utilizzare varie fonti di carbonio.
Il lavoro del V. natriegens ha permesso di ottenere idrogeno solforato (il gas che “puzza di uova marce”). La biosintesi da parte dei batteri ha originato nanoparticelle con proprietà semiconduttrici. Questi sistemi bioibridi così realizzati vengono ingegnerizzati tramite biologia di sintesi per consentire la produzione di 2,3-butandiolo.
I risultati dicono che questi bioibridi attivati dalla luce solare determinano una produzione di BDO che supera di molto le rese ottenibili attraverso le sole cellule batteriche. Un fatto che lascia immaginare una scalabilità possibile per il processo, che vanta un impatto ambientale più basso di tutti gli altri finora utilizzati.