L’India arriverà ai negoziati con una richiesta che promette di infiammare il clima a Dubai: le economie più avanzate devono fare la loro parte producendo emissioni negative entro il 2050, non solo diventando carbon neutral. Così i paesi in via di sviluppo avrebbero più tempo per sfruttare ancora le fossili
A dicembre si terrà la Cop28 sul clima negli Emirati Arabi Uniti
(Rinnovabili.it) – Il paese che alla Cop26 ha bloccato l’accordo sull’abbandono graduale del carbone – trasformandolo in una più blanda “riduzione” – userà la Cop28 sul clima per chiedere ai paesi più ricchi di diventare carbon negative invece di carbon neutral. E lasciare così più tempo a tutti gli altri stati per continuare a estrarre e consumare combustibili fossili.
È la posizione con cui l’India si siederà al tavolo dei negoziati al vertice sul clima di dicembre. Lo ha annunciato un funzionario governativo all’agenzia Reuters. “I paesi ricchi dovrebbero diventare produttori netti di emissioni negative prima del 2050 per consentire al mondo di raggiungere l’obiettivo globale di zero emissioni entro quell’anno, consentendo allo stesso tempo ai paesi in via di sviluppo di utilizzare le risorse naturali disponibili per la crescita”, ha affermato.
Cosa vuol dire carbon negative?
Gran parte dei paesi con economie più avanzate ha già fissato l’obiettivo di diventare climaneutrale entro metà secolo, cioè di avere emissioni nette pari a zero. Per diventare carbon negative, invece, il bilancio emissivo di un paese deve avere più gas serra catturati di quanti siano quelli emessi. Un orizzonte che, per essere plausibile al 2050, richiede necessariamente l’uso di tecnologie per la cattura diretta di CO2 dall’aria. Tecnologie che sono già teoricamente disponibili ma non ancora mature, né per i costi né per l’efficienza che riescono a garantire.
Cosa vuole l’India dalla Cop28 sul clima?
Se sarà fatta propria anche da altri paesi in via di sviluppo, la posizione dell’India rischia di infuocare ancora di più i negoziati della Cop28 sul clima. Da un lato, rinfocola la discussione che ha quasi spaccato il vertice di Sharm el-Sheikh l’anno scorso, quando le discussioni sul meccanismo per le perdite e i danni hanno riportato al centro la questione della responsabilità storica dei paesi più ricchi. L’idea è che per calcolare il “giusto contributo” alla lotta alla crisi climatica non bisogna guardare solo alle emissioni attuali ma a quelle cumulate dall’inizio dell’epoca industriale. In questo modo, anche un grande emettitore come l’India – il 4° maggior inquinatore al mondo – risulta ben meno responsabile della crisi climatica rispetto a paesi come Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Giappone, e anche la Cina.
Dall’altro lato, la richiesta di Nuova Delhi sembra costruita apposta per avere una leva in più nei negoziati sul phase out delle fossili. L’abbandono graduale di tutti i combustibili fossili – non solo il carbone, ma anche il petrolio e il gas – è uno dei dossier più controversi che saranno discussi alla Cop28 sul clima. E anche in quel caso la spaccatura separa i paesi con economie più avanzate da quelli in via di sviluppo.