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La colpa dei rifiuti di plastica è dei supermercati, non dei consumatori

La vera responsabilità dei rifiuti di plastica è di aziende e istituzioni, che però usano strategie comunicative per scaricare la colpa sui cittadini

rifiuti di plastica
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Aziende insostenibili dichiarano di aiutare i consumatori ad adottare stili di vita più sostenibili. Ma la causa dei rifiuti di plastica sono proprio loro

(Rinnovabili.it) – Se siamo immersi nella plastica, la colpa non è certo dei consumatori. Anzi, è tempo di alzare la voce e distribuire le responsabilità a chi le ha per davvero. Questo è ciò che emerge da una ricerca svolta dall’Università di Sheffield sui consumatori britannici, delusi e arrabbiati dalla impossibilità di poter fare di più per ridurre i rifiuti di plastica.

Le persone sanno bene che le loro scelte sono limitate, per quanto sembrino infinite. Lo studio ha infatti dimostrato che i cittadini sarebbero anche ben disposti verso l’acquisto di un packaging più sostenibile, ma sono i supermercati a non metterlo a scaffale. Così, il settore della vendita al dettaglio produce rifiuti di plastica e gli attuali sistemi di riuso e riciclo sono limitati e inefficienti. La contraddizione che i consumatori registrano vede aziende insostenibili che dichiarano di aiutare i consumatori ad adottare stili di vita più sostenibili. Cosa che li manda in bestia.

Lo studio, condotto da accademici della School of English dell’Università, ha scoperto infatti che supermercati e produttori utilizzano un linguaggio che si propone di aiutare e supportare i clienti a fare scelte a favore dell’ambiente. Tuttavia, non è questo il modo in cui i consumatori vedono la relazione. Il team ha raccolto dati linguistici per capire meglio come le persone parlano di plastica nella loro vita quotidiana e come le diverse scelte linguistiche possono influenzare il comportamento. 

I ricercatori hanno analizzato oltre 4,5 milioni di parole usate nella pubblicità, sugli imballaggi, nelle linee guida delle amministrazioni locali, nel linguaggio dei consumatori sui social. Ha anche organizzato dei focus group. Analizzando i dati raccolti, emerge che rivenditori, produttori e amministrazioni locali spesso usano un linguaggio che non fa presa sui consumatori. Questi ultimi si sentono frustrati, incerti, impotenti e sopraffatti dal problema globale dei rifiuti di plastica

Stanno cercando, ma con difficoltà, di dare un senso alla crisi della plastica e ritengono che tocchi all’industria e alla politica intervenire sul problema. Dai messaggi analizzati emerge il senso di colpa per aver acquistato un involucro in più o non averlo potuto riciclare, mentre cresce la sensazione di stare partecipando alla distruzione del pianeta. Molti si domandano anche “c’è davvero bisogno di coprire di plastica questi prodotti?”.

Molti supermercati usano parole come “aiutare” o “supportare” nelle loro comunicazioni, ma i consumatori si sentono presi in giro. Sanno che non hanno una vera possibilità di scelta, così cresce il distacco tra loro e questi messaggi paternalistici e da scaricabarile. I ricercatori hanno quindi sviluppato un manuale su “come parlare di plastica” per aziende e amministratori. Ma se questo vuol essere uno strumento di pacificazione tra imprese, istituzioni e cittadini, non potrà certo fare molto per ridurre il vero problema.

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