La raccolta del riso potrebbe diminuire del 15%, a causa del cambiamento climatico che influisce sull’andamento delle coltivazioni. Ma i problemi per il settore vengono anche dallo scarso riconoscimento dato agli agricoltori e dalla crescita delle importazioni da paesi che non rispettano i nostri stessi limiti all’uso degli agrofarmaci, né le stesse regole sociali, ambientali e sanitarie
La qualità del riso italiano è alta, ma diminuisce la quantità
(Rinnovabili.it) – Inizia la raccolta del riso ma si nutre qualche timore per la produzione di quest’anno. Il timore non è solo agricolo ma anche sociale, visto che intorno alla filiera del riso ruotano più di diecimila famiglie, tra dipendenti e imprenditori. Risotti, sformati e supplì sono in pericolo? La preoccupazione sembra reale. Secondo il monitoraggio di Coldiretti, la raccolta del riso potrebbe diminuire addirittura del 15%, a causa del cambiamento climatico che influisce sull’andamento delle coltivazioni.
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Le varietà di riso raccontano la storia italiana
Il 2023 è stato il terzo anno più caldo dal 1800. L’alternarsi di bombe d’acqua, siccità, vento e sbalzi termici ha causato notevoli difficoltà agli agricoltori. La qualità del riso italiano rimane alta, ma la quantità ne risente. Il registro nazionale conta 200 varietà iscritte, tutte di pregio. Varietà che raccontano la storia italiana: ricordiamo il Carnaroli, l’Arborio, il Vialone Nano (il primo riso ad avere il riconoscimento in Europa come Indicazione Geografica Protetta), il Roma e il Baldo.
Qualche numero ci aiuta a dare una dimensione alla produzione, che complessivamente si estende 211mila ettari. Le coltivazioni sono concentrate principalmente nel Nord Italia: il 90% della produzione è concentrato nelle aree del Pavese (83mila ettari), di Vercelli e di Novara (100mila ettari). Rispetto al 2022, l’area coltivata è diminuita di 7.500 ettari, ovvero ai minimi da trent’anni, con effetti preoccupanti sull’economia e sull’occupazione.
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Un pacco su quattro arriva dall’estero
Ogni anno gli italiani consumano circa 5-6 chili di riso a testa, che acquistano anche a quattro euro al chilo. Tuttavia, agli agricoltori viene riconosciuto meno di un euro al chilo. In un anno il prezzo è aumentato del 24% a causa del clima ma, sostiene Coldiretti, anche per le importazioni a dazio zero dai paesi del Sud-Est asiatico che non rispettano i nostri stessi limiti all’uso degli agrofarmaci, né le stesse regole sociali, ambientali e sanitarie.
Il risultato è che le importazioni dall’India sono aumentate del 155% nel 2023 (circa il 12% del totale, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat per i primi sei mesi dell’anno), quindi più di un pacco di riso su quattro arriva dall’estero: un paradosso per un paese come l’Italia che è il primo produttore europeo.
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Bisogna giocare tutti con le stesse regole
Questa forma di concorrenza sleale è favorita dalla legge che permette di evidenziare sul pacco la scritta “riso da risotto” e mettere in un angolino, a caratteri microscopici, che proviene dall’estero. I consumatori sono avvisati, devono verificare quello che comprano.
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, sottolinea che tutti i prodotti che entrano in Europa e in Italia dovrebbero rispettare i medesimi criteri di sicurezza adottati a livello nazionale e comunitario. Inoltre, Prandini sostiene l’importanza degli accordi di filiera per valorizzare le produzioni nazionali e arrivare a un’equa distribuzione del valore dal campo alla tavola.