Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC, con l’aumento delle temperature globali, fenomeni come gli uragani mediterranei dovrebbero diminuire di numero. Ma aumentare di intensità e forza distruttrice.
Sono almeno 5300 le vittime dell’alluvione in Libia
(Rinnovabili.it) – Almeno 5.300 morti, numero aggiornato alla mattina del 13 settembre. Ma il numero continuerà a salire man mano che le autorità di Derna recupereranno i cadaveri ancora sparsi per la città inondata di fango rosso e quelli che il mare restituirà nei prossimi giorni. Il mare di Derna “scarica costantemente dozzine di corpi”, ha detto Hichem Chkiouat, ministro dell’Aviazione civile nel governo che comanda la parte orientale del paese, ancora spaccato in due dalla guerra civile. Le vittime dell’alluvione in Libia potrebbero raddoppiare, fanno sapere fonti del ministero dell’Interno dell’est. Migliaia sono ancora i dispersi.
Alluvione in Libia: le cause
Il disastro è iniziato tra domenica 10 e lunedì 11 settembre con l’arrivo del ciclone Daniel. La tempesta stazionava da giorni nel Mediterraneo centrale ed è la stessa che ha provocato le violente inondazioni in Grecia nei giorni precedenti. Buona parte delle pianure della Tessaglia sono state completamente allagate, alcune località hanno ricevuto in poche ore anche oltre 800 millimetri di pioggia, più di quella di un anno intero.
A partire da sabato 9 settembre, il ciclone si è iniziato a muovere verso sud e ha investito la Cirenaica, la parte orientale della Libia con venti anche a 180 km/h. Nel frattempo ha incontrato acque più calde, con temperature intorno ai 28°C, che hanno favorito l’aumento dell’energia complessiva sprigionabile dalla tempesta Daniel. Quando ha toccato terra, nei pressi di Derna, il ciclone aveva ormai caratteristiche tropicali.
Le piogge molto violente e consistenti hanno fatto collassare due dighe o sbarramenti a monte della città, aumentando così la quantità di acqua che si è riversata sul tessuto urbano. Dalle immagini satellitari si calcola che l’acqua abbia spazzato via circa ¼ di Derna.
Interi quartieri sono stati letteralmente trascinati in mare, con lo stretto canale che taglia in due la città che è diventato una larghissima ferita in un tessuto urbano ormai irriconoscibile. In altre parti della città il livello dell’acqua avrebbe superato i 3 metri, danneggiando centinaia di altri edifici e, probabilmente, contribuendo ad aumentare il numero delle vittime.
Il ruolo del cambiamento climatico
Finora non sono ancora state pubblicate delle valutazioni scientifiche sul ruolo che può avere avuto la crisi climatica nell’emergere di un evento estremo così devastante. Il ciclone Daniel è un medicane, cioè un uragano che si forma nel Mediterraneo, e secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC pubblicato nel 2022 questi fenomeni dovrebbero diminuire di numero a causa del riscaldamento globale. Ma è anche ritenuto probabile che la crisi climatica, allo stesso tempo, ne faccia aumentare l’intensità.
Un fattore che potrebbe aver contribuito all’intensificazione del medicane che ha provocato l’alluvione in Libia e che è direttamente collegato alla crisi climatica è la già citata temperatura superficiale delle acque. Quest’anno gli oceani globali hanno fatto registrare anomalie mai raggiunte prima e il Mediterraneo non è stato da meno. Il 24 luglio il bacino ha toccato la temperatura media più alta mai registrata con 28,71°C. Lungo la costa del Nord Africa, così come lungo quella dell’Italia, l’anomalia termica del mare ha toccato i 5,5°C.
Molto più chiaro appare invece il ruolo della crisi climatica nel danno subito dalle infrastrutture a Derna: dighe in cattivo stato di manutenzione e non adatte per fronteggiare fenomeni di intensità accresciuta dal climate change, che generano un rischio concreto per le persone.