Secondo le stime dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, entro il 2030 i biocarburanti di seconda generazione saranno competitivi, inizialmente con un prezzo del petrolio attorno a 50 dollari al barile, e con un potenziale di riduzione delle emissioni di anidride carbonica di oltre il 90%
Alla Conferenza Internazionale di Washington sull’Energia Rinnovabile, il ruolo presente e futuro dei biocombustibili è stato il tema di una sessione speciale organizzata e introdotta da Corrado Clini, presidente della “Global Bioenergy Partnership” e direttore generale del Ministero dell’Ambiente italiano. Nell’ambito dell’incontro è stato dato grande rilievo alle prospettive dei biocombustibili, in grado di offrire la possibilità concreta di ridurre i consumi di benzina e gasolio, contribuendo nello stesso tempo alla diversificazione delle fonti energetiche ed alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Le grandi imprese hanno presentato diversi programmi di investimento in corso, con l’impegno di rilevanti risorse, per la produzione di biocarburanti ad alta efficienza e basso impatto ambientale, ed in particolare di quelli di seconda generazione, prodotti dalla valorizzazione della lignina in tutte le matrici cellulosiche. Da numerosi enti di ricerca, infatti, compreso l’Argonne National Lab, che fa parte del Department of Energy statunitense, arriva la conferma che l’etanolo prodotto da biomasse vegetali legnocellulosiche costituirebbe la soluzione in grado di garantire una riduzione di gas serra dell’85% rispetto all’utilizzo di benzina, con un impatto migliorativo rispetto al mais e alla canna da zucchero. Come ulteriore fattore positivo, le prospettive di sviluppo non sarebbero in competizione con la catena alimentare, pur essendo remunerative per il mondo agricolo, con un impatto ridotto anche in termini di consumo di risorsa idrica e fertilizzanti.