Oltre 1.200 partecipanti provenienti da 163 Paesi discutono il Patto che succederà al Protocollo di Kyoto
Prosegue a Bangkok il summit “Climate Change Talks”, la prima importante riunione sui cambiamenti climatici che si innesta nello slancio generato dalla Conferenza di Bali del dicembre scorso. Il summit punta ad incentivare i target che i Paesi industrializzati si sono prefissati, assumendo impegni di riduzione delle emissioni, anche attraverso la verifica di come i Paesi in via di sviluppo possano attuare azioni reali e quantificabili per combattere il cambiamento climatico. Ad aprire i lavori è stato il video messaggio del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha esortato tutti gli Stati ed i partecipanti alla conferenza ad essere ambiziosi, dal momento che tutto il mondo attende con ansia il raggiungimento di una soluzione duratura ed economicamente accettabile al problema. Una soluzione, come riferisce lo stesso Ban Ki-moon “basata sul principio di responsabilità comune, ma differenziata”. Una posizione appoggiata anche da Noeleen Heyzer, segretario esecutivo della Commissione economica e sociale delle Nazioni Unite per l’Asia e il Pacifico (Escap), secondo cui è importante che i Paesi in via di sviluppo passino ad un modello di vita meno inquinante che mantenga la crescita e lo sviluppo di cui hanno bisogno, ma che da soli non sono in grado di introdurre. E’ opinione sempre più diffusa che l’idea di tagliare drasticamente in pochi anni le emissioni di gas serra, proposta dalla Ue, non convenga alle economie emergenti asiatiche. A sostenerlo il rapporto pubblicato oggi dall’organizzazione World Growth: “Nessun governo in Asia potrebbe adottare questa strategia sapendo che aumenterebbe, invece di diminuire, la sua povertà”, ha affermato Alan Oxley, chairman del WG, che ha anche sottolineato la necessità, in questo caso, di una strategia a lungo periodo.