Rinnovabili • Legge sul Ripristino della Natura: saltano i target vincolanti

La Legge sul Ripristino della Natura UE non sarà vincolante

Vittoria per il PPE che da mesi si oppone ferocemente all’ultimo tassello del Green Deal. In ballo gli interessi dell’agribusiness e il modello stesso di produzione industriale in ambito agricolo e di allevamento.

Legge sul Ripristino della Natura: saltano i target vincolanti
Agricoltura industriale con serre vicino ad Almeria in Spagna. Via depositphotos.com

La proposta della nuova Nature Restoration Law sarà pubblicata il 5 luglio

(Rinnovabili.it) – Mancano solo 48 ore alla pubblicazione ufficiale ma a Bruxelles si stanno ancora facendo modifiche – anche sostanziali – alla Legge sul Ripristino della Natura, l’ultimo tassello del Green Deal (e della Strategia per la Biodiversità) e il primo tentativo europeo di preservare e migliorare la qualità dei suoli del continente. L’ultima vittima del tesissimo scontro tra Commissione e gruppi dell’Europarlamento che si sta svolgendo dietro le quinte è un pezzo fondamentale della proposta: gli obiettivi vincolanti sui livelli di inquinamento e sul degrado dei suoli.

Lo scontro sulla Legge per il Ripristino della Natura

Il 5 luglio la Commissione presenterà il cosiddetto Food and Biodiversity Package di cui fa parte la Legge sul Ripristino della Natura. Si tratta di una seconda bozza di proposta, dopo che la prima, uscita a giugno 2022, è stata sepolta dalle critiche provenienti soprattutto dal partito popolare europeo (PPE). La riscrittura del testo, quindi, è l’arena in cui si sta svolgendo lo scontro politico in queste settimane.

Scontro che, a giudicare dall’ultima bozza, vista in anteprima da Reuters, se lo sta aggiudicando il PPE. L’introduzione di target vincolanti è un passaggio chiave e qualificante della proposta, senza il quale viene di fatto svuotata di senso. Invece di dover presentare alla Commissione un piano in cui si spiega con quali misure si intende rispettare gli obiettivi, ogni Stato membro si potrà limitare a tener traccia di alcuni fattori che incidono negativamente, come l’erosione o l’eccesso di fosforo dovuto all’uso di fertilizzanti.

Al contrario, la prima proposta della Commissione puntava al ripristino di almeno il 20% dei suoli europei entro il 2030 per poi salire al 100% entro il 2050, includeva target specifici per gli impollinatori e l’obbligo di tagliare del 50% l’uso di pesticidi. Tutti punti avversati dai grandi sindacati dell’agribusiness, da cui derivano i principali driver di degrado ambientale affrontati nella proposta legislativa.

Ai sindacati ha teso la mano il PPE, che da mesi si è impuntato per costringere la Commissione a fare dietrofront. Anche a costo di infrangere quel gentlemen’s agreement con i Socialdemocratici per cui le divergenze si possono sempre risolvere con un compromesso in fase di negoziato. La settimana scorsa, questa spaccatura all’Europarlamento è emersa in tutta la sua gravità con un voto finito pari in commissione Ambiente. Se anche il voto in plenaria, previsto per il 10 luglio, dovesse dire di no, la proposta sarebbe automaticamente bocciata.  

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