L’esecutivo vuole correre sotto la spinta sempre più pressante dell’agribusiness e delle associazioni di categoria. Scavalcando l’Europa, dove il dibattito sull’apertura al gene editing è ancora in corso. Dibattito che fa quasi sempre finta di non vedere i possibili rischi per piccoli agricoltori e per chi sceglie il biologico. Una volta in campo, vento e impollinatori diffonderanno ovunque gli OGM 2.0. E cosa succede se questi OGM saranno brevettati?
Gli OGM 2.0 sono ottenuti tramite Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA), note anche come New Breeding Techniques (NBT)
(Rinnovabili.it) – Una fuga in avanti sul gene editing. Senza aspettare l’Europa. Per avviare la sperimentazione in campo di organismi geneticamente modificati con le tecnologie di nuova generazione. È l’accelerazione che il governo Meloni vuole imprimere agli OGM 2.0, ottenuti con le New Breeding Techniques (NBT) che in Italia prendono il nome di Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA) e promettono di apportare modifiche precise a singoli geni. Con due proposte di legge già depositate che, da calendario, potrebbero essere approvate già quest’autunno.
Due proposte di legge sugli OGM 2.0
La tempistica è stata resa nota il 14 marzo durante un convegno organizzato da Cluster Agrifood Nazionale e CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. Cioè l’ente che guida la ricerca sulle TEA in Italia soprattutto attraverso il progetto Biotech, finanziato dal ministero dell’Agricoltura e concluso il 28 febbraio scorso. Che si è concentrato sulla creazione di varietà più resistenti tra quelle centrali per il panorama dell’agribusiness italiano: pomodori resistenti a parassiti e allo stress salino e idrico, basilico resistente alla peronospera, melo resistente alla ticchiolatura.
Le due proposte di legge sono state depositate dal presidente della Commissione Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare del Senato, Luca De Carlo (FdI), e dal Segretario della Commissione Agricoltura della Camera Raffaele Nevi (FI). Entrambe definiscono semi e piante ottenuti con tecniche avanzate di editing genetico come non equiparabili agli OGM e, anzi, simili alle varietà che derivano da mutazioni naturali o dalla selezione tradizionale.
In Europa qualcuno frena
Definizioni quanto meno controverse. Fuori dai confini nazionali, infatti, l’editing genetico di nuova generazione è al centro di un dibattito molto acceso da parecchi anni. Il problema si può sintetizzare così: gli OGM 2.0 sono regolati o no dalla Direttiva 2001/18/CE che definisce gli OGM e li regola, obbligandoli a valutazione del rischio, tracciabilità ed etichettatura? La direttiva uscì quando nel NBT/TEA non esistevano ancora. Ma nel 2018 a Corte europea di Giustizia aveva chiarito che anche i nuovi OGM devono rispettare le vecchie regole.
L’agribusiness sostiene invece che gli OGM 2.0 siano diversi e quasi ‘naturali’, così da bypassare tutti gli obblighi vigenti sulla produzione e commercializzazione di OGM (e le resistenze dei consumatori). E preme per cambiare le leggi. Le associazioni di piccoli produttori, del biologico, e molti attori della società civile sostengono l’opposto e vogliono che l’Ue applichi il principio di precauzione, bloccando tutto finché non si abbiano studi scientifici chiari in proposito.
Il risultato è che da un paio di anni a questa parte in Europa si è tornati a parlare di sdoganare i nuovi OGM. La Commissione ha presentato un rapporto di studio molto sbilanciato sulle posizioni dell’agribusiness e pianifica un nuovo intervento legislativo – anche questo sbilanciato – per far rientrare dalla finestra almeno alcune delle NBT/TEA finora bloccate. Anche se non tutti i paesi, in Europa, sono a favore o vogliono una deregulation sfrenata.
“Dal vertice dei ministri dell’ambiente europei di ieri emerge la contrarietà di Germania e Austria a una deregolamentazione dei nuovi OGM, mentre in Italia un grumo di interessi agroindustriali, politici e accademici sta tentando di aggirare il principio di precauzione aprendo alla sperimentazione in pieno campo”, commenta Stefano Mori, coordinatore del Centro Internazionale Crocevia, ONG che difende i diritti degli agricoltori a conservare, riprodurre e scambiare le sementi.
I rischi delle NBT/TEA
Quello che finora manca sia nel dibattito europeo sia in quello italiano è una riflessione sui rischi possibili dell’introduzione degli OGM 2.0. E non si tratta (principalmente) di rischi per la salute. Anche se uno dei rilievi mossi alle due proposte di legge italiane dalla coalizione “Italia libera da OGM”, formata da 32 associazioni contadine, ambientaliste, consumatori e del biologico, è che si sottovaluti l’importanza di rintracciare le centinaia di mutazioni fuori bersaglio, cioè non desiderate e quindi sconosciute, che queste biotecnologie comunque provocano.
“Rischiamo un danno inestimabile per gli agricoltori biologici e contrari agli OGM, che non riusciranno più a mantenere il loro status se agenti atmosferici e gli impollinatori trasferiranno i tratti geneticamente modificati nei loro campi”, entra nel dettaglio Mori. “Oltretutto, se saranno caratteri brevettati dalle imprese sementiere, andranno incontro anche a sanzioni penali e alla distruzione dei raccolti per violazione della proprietà intellettuale. Questo è inaccettabile e dev’essere impedito, regolando i nuovi OGM come tutti gli altri, così da obbligarli a tracciabilità ed etichettatura”.