Le stime sull’export di rifiuti plastici formulate da Ipen, una rete globale di 600 enti in 125 paesi, mettono a nudo un’autostrada nascosta di inquinamento da plastica. In tutto sono almeno 1,8 mln t/anno i rifiuti plastici non dichiarati
I rifiuti di plastica che finiscono effettivamente nei paesi in via di sviluppo sono 1,6-2,4 volte di più di quelli ufficiali
(Rinnovabili.it) – I paesi più ricchi inondano i paesi in via di sviluppo con una quantità di rifiuti di plastica molto maggiore di quella registrata ufficialmente. Sarebbero almeno 1,8 milioni le tonnellate di plastica ‘fantasma’: quelle che non compaiono nei dati comunicati alle Nazioni Unite. Materie plastiche che si nascondono nei tessuti, nelle balle di carta contaminate, nella gomma, nei rifiuti elettronici e nel combustibile solido secondario (ottenuto dalla componente secca dei rifiuti non pericolosi). E che cresceranno con l’aumentare della produzione globale di plastica.
Il database Onu e le sue pecche
La stima arriva da un rapporto di Ipen, una rete globale di oltre 600 enti da 125 paesi, in gran parte in via di sviluppo, che si occupa di monitorare l’inquinamento da sostanze chimiche pericolose. E si basa sull’analisi del sistema di reportistica usato a livello internazionale, il database del Comtrade dell’Onu. Solitamente si ritiene che tutti i rifiuti di plastica siano accorpati in una sola categoria, HS 3915, che ha il descrittore “Rifiuti, ritagli e scarti di plastica”.
In realtà, i rifiuti di plastica finiscono in modo sotterraneo e non dichiarato anche in altre categorie. Quindi non vengono conteggiati come tali. “Questa categoria cattura solo un sottoinsieme del commercio totale di rifiuti di plastica. Poiché il sistema HS non è stato concepito per identificare diversi tipi di materiali, ma è più focalizzato sui tipi di prodotti, HS 3915 non include i rifiuti di plastica che possono essere codificati in diverse altre categorie di prodotti”, spiegano gli autori. “Il risultato è che i materiali codificati come HS 3915 riflettono solo la punta dell’iceberg dei rifiuti di plastica e non raccontano l’intera storia”.
Tracciare i rifiuti di plastica ‘fantasma’
Ipen dà una stima piuttosto precisa di quanta plastica può nascondersi sotto altre etichette. Sotto HS 6309, che indica abiti indossati e accessori, sono registrati sia indumenti in fibre naturali che sintetiche. Queste ultime sono il 60-70% e sono principalmente a base di plastica. E quando vengono spediti all’estero, ben il 40% del totale finisce direttamente in discarica invece di entrare nel circuito del riuso o del riciclo. L’Europa, da sola, esporta circa 350mila t l’anno di questi rifiuti verso paesi in via di sviluppo.
La contaminazione delle balle di carta con materiali plastici ha numeri incerti, con le stime principali che variano dal 5 al 30%. Con questi numeri, l’export tossico da Ue, Usa, Uk e Giappone vale 0,2-1,3 mln t/anno, con il grosso proveniente dagli Usa.
“Se si tiene conto della gamma di stime del volume delle esportazioni di rifiuti plastici derivanti dalla contaminazione delle balle di carta e dei rifiuti plastici nei tessuti, il totale dei rifiuti plastici esportati dall’Europa è 1,7-2,2 volte superiore, rispetto a quando si include solo l’HS 3915”, cioè la categoria che riflette esplicitamente i rifiuti di plastica. “Per gli Stati Uniti è 1,9-4,2 volte superiore e per il Regno Unito è 6-18 volte superiore. Il Giappone non esporta molte balle di carta o prodotti tessili, quindi i numeri non cambiano molto (1,1-1,2 volte in più). Se si considerano tutte e quattro le categorie, la quantità totale di rifiuti plastici esportati da queste regioni è 1,6-2,4 volte superiore, rispetto a quando si include solo l’HS 3915”.