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Bioetanolo di II generazione coltivato nel deserto

Riccardo Valentini, dell’Università della Tuscia, è il coordinatore di un progetto che ha permesso la crescita di conifere nel Negev

Termina con oggi la conferenza sui cambiamenti climatici promossa da Club di Roma, Fondazione Aurelio Peccei e WWF Italia. Tra i numerosi dibattiti che hanno preso vita nella giornata di ieri, è stato messo in luce un progetto realizzato dall’Università della Tuscia e quella di Tel Aviv, con i finanziamenti del Ministero dell’Ambiente, che ha permesso sino ad ora la crescita di 5 ettari di conifere nel deserto del Negev, a 40 km dalla città di Eilat. L’obiettivo, come ha spiegato lo stesso professor Riccardo Valentini, direttore del Dipartimento di scienze dell’Ambiente Forestale e delle sue Risorse e coordinatore del progetto, è fornire una “buona soluzione per ottenere bioetanolo di seconda generazione, evitando così di dover utilizzare terreni dedicati all’agricoltura tradizionale”. “Ci siamo riusciti – afferma Valentini – utilizzando la risorsa primaria, costituita dal sole, e le acque reflue, altrimenti inutilizzabili, provenienti dalla città di Eilat”. Nella relazione presentata durante il convegno “Strategie per un pianeta sostenibile” il professore Valentini ha anche affrontato il problema della diminuita efficienza d’assorbimento della CO2 da parte degli ecosistemi. “Con il 30% di CO2 assorbito dalle Terre e il 25% dagli oceani, possiamo dire che abbiamo un cambiamento climatico con lo ‘sconto’ del 55%. – conclude Valentini – Non sappiamo però fino a quando questa capacità resterà tale: abbiamo dati che ci dicono che stanno aumentando le emissioni di gas metano dal permafrost, e che dagli anni Settanta al 2000 sono rimaste in atmosfera 50 tonnellate di CO2 in più. E’ certamente un dato su cui riflettere”.