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World Bank: il potenziale eco-energetico dell’Africa

Il continente che avrebbe più bisogno dei fondi destinati a progetti a basso impatto ambientale è al contempo quello che ne attrae la quantità minore. Ma la situazione può e deve essere invertita

La poca conoscenza del Paese da parte degli investitori, una forza lavoro non preparata e il tasso di povertà elevato stanno contribuendo ad affossare gli investimenti diretti alle energie rinnovabili nell’Africa Sub-sahariana. A sottolinearlo è il rapporto che la World Bank ha presentato in occasione dell’Africa Carbon Forum di Dakar, in Senegal, intitolato “Progetti sull’energia a basse emissioni di Carbonio nell’Africa sub-Sahariana: svelare il potenziale e affrontare le barriere”. L’Africa è il Paese maggiormente colpito dai cambiamenti climatici eppure è anche quello che usufruisce in misura minore dei benefici del Clean Development Mechanism (CDM) del Protocollo di Kyoto, vale a dire dei fondi destinati a progetti a basso impatto ambientale ed alla mitigazione del global warming. Se si escludono quelli localizzati nel Sudafrica, finora è stato avviato solo l’1,4% degli oltre mille progetti approvati nel mondo. A fare da ostacolo, spiega il rapporto, sono essenzialmente i gap nella regolamentazione del settore energetico unitamente alla mancanza di manodopera qualificata, alle deboli risorse finanziarie e alla corruzione ed instabilità politica. Il documento riporta l’analisi di 44 Paesi e delle relative opportunità di attuazione di progetti sull’energia pulita in vari settori, calcolando inoltre un costo di capitale di circa 158 miliardi di dollari. Se tali possibilità fossero integrate con i canali di finanziamento assistenziali convenzionali, i nuovi strumenti finanziari internazionali legati al clima potrebbero portare allo sviluppo di più di 170 GW di potenza energetica e contribuire, attraverso crediti di emissioni, alla riduzione di 741 milioni di tonnellate di CO2.

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