Assicurazioni, non compensazioni. E nemmeno sovvenzioni. L’iniziativa guidata dalla Germania segna un punto per i paesi più ricchi nel braccio di ferro sul dossier perdite e danni
Il nuovo meccanismo per la finanza per il clima parte con una dote striminzita, circa 200 mln di euro
(Rinnovabili.it) – Quando si verifica un disastro climatico, il paese colpito attiva l’assicurazione stipulata in precedenza. Il meccanismo di distribuzione dei fondi si attiva e garantisce l’arrivo in tempi brevi del denaro necessario per affrontare l’emergenza. A riempire la cassa ci pensano i paesi più ricchi. Funziona così il Global Shield, lo “scudo globale” proposto dalla Germania insieme agli altri paesi del G7 e ai 55 paesi vulnerabili che compongono il gruppo V20. Lanciato ieri alla COP27 in Egitto, è lo strumento con cui le economie avanzate propongono di affrontare uno dei nodi più complessi della finanza per il clima: quello dei Loss & Damage (perdite e danni).
Assicurazioni, non compensazioni. I binari del Global Shield portano la finanza per il clima lontano dal rimborso per i danni subiti in passato, dalle recriminazioni per l’impatto delle emissioni storiche, dal conteggio delle perdite non economiche provocate dalla crisi climatica. E la confinano in un perimetro molto più stretto e ben recintato: quello di uno strumento di aiuto puntuale ai paesi in difficoltà, ma niente di più.
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Berlino si è affrettata a chiarire che lo scudo globale non esclude altri strumenti. Non è, insomma, un ostacolo ai negoziati in corso alla COP27 sul capitolo perdite e danni, che ieri hanno prodotto una prima bozza di decisione molto polarizzata e con opzioni difficilmente conciliabili. “Non si tratta di una tattica per evitare una negoziazione formale sugli accordi di finanziamento dei danni”, ha detto la ministra tedesca per lo Sviluppo Svenja Schulze durante la presentazione. “Lo Scudo globale non è l’unica soluzione per i danni. Certamente no. Abbiamo bisogno di un’ampia gamma di soluzioni“.
Ma è, appunto, l’unico fronte su cui i paesi più ricchi sono d’accordo a muoversi. Un fronte che tralascia di agire contro molti degli impatti più gravi della crisi climatica, accusano molti osservatori. Il Global shield infatti non potrebbe infatti essere usato per i danni provocati dagli effetti più a lungo termine del climate change, come l’aumento del livello dei mari. Ma non solo: è un’assicurazione, quindi a pagare di fatto sono gli stessi paesi che ricevono i fondi. Mentre la soluzione per la finanza climatica, secondo molti paesi vulnerabili, deve passare per sovvenzioni.
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