Rinnovabili • produrre idrogeno dall'acido solfidrico

Un nuovo fotocatalizzatore per produrre idrogeno dall’acido solfidrico

Messo a punto un sistema per trasformare uno scarto maleodorante delle raffinerie in una nuova fonte di idrogeno

produrre idrogeno dall'acido solfidrico
Di GalimovMarsel – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=92901426

Luci LED e nanoparticelle d’oro per produrre idrogeno dagli scarti delle raffinerie

(Rinnovabili.it) – È incolore ma ha un odore di uova marce in grado di distinguerlo in maniera netta. È l’idrogeno solforato o acido solfidrico (H2S), un gas presente naturalmente nelle emissioni delle zone geotermiche e vulcaniche, ma anche uno dei co-prodotti problematici di una serie di attività industriali, dalla raffinazione del petrolio alla concia delle pelli. Perché problematico? Perché è considerato un veleno ad ampio spettro e, alle concentrazioni industriali, un problema per la salute umana e l’ambiente. Ma alla Rice University hanno trovato un modo per valorizzarlo. Un sistema molto più economico dei trattamenti di bonifica utilizzati attualmente e in grado di produrre idrogeno riutilizzabile.

Nell’Università texana un team di ingegneri e chimici ha impiegato nanostrutture metalliche plasmoniche per creare un trattamento alternativo al processo Claus. Quest’ultimo rappresenta l’attuale tecnologia catalitica impiegata dalle raffinerie per abbattere l’idrogeno solforato dagli idrocarburi. Si tratta di un processo che richiede più fasi e camere di combustione a temperature elevate, in grado di trasformare l’H2S in zolfo e acqua.

leggi anche PNRR, l’Italia inizia la sperimentazione dell’idrogeno nel trasporto stradale

La via breve per produrre idrogeno

Il processo di bonifica della Rice conta, invece, una sola fase, è alimentato unicamente dalla luce e rompe la molecola di H2S in idrogeno e zolfo. Nel nuovo lavoro, il team ha punteggiato la superficie di granelli in biossido di silicio con minuscole isole d’oro. Ogni isola è  una nanoparticella d’oro capace di interagire fortemente con una specifica lunghezza d’onda della luce visibile. Queste particolari reazioni tra luce e metallo – chiamate plasmoniche – creano “portatori di calore”, elettroni di breve durata e ad alta energia che possono guidare la catalisi.

Gli scienziati hanno utilizzato una configurazione di laboratorio mostrando come una banca di luci a LED potrebbe produrre idrogeno e zolfo dall’acido solfidrico in maniera efficiente con il nuovo fotocatalizzatore.

“Le emissioni di idrogeno solforato possono comportare pesanti sanzioni per l’industria, ma anche la bonifica è molto costosa”, ha affermato Naomi Halas, pioniera della nanofotonica. “La frase ‘game-changer’ è abusata, ma in questo caso si applica. L’implementazione della fotocatalisi plasmonica dovrebbe essere molto meno costosa del trattamento tradizionale e ha il potenziale aggiuntivo di trasformare un onere costoso in un bene sempre più prezioso”.

leggi anche La guerra in Ucraina rende competitivo l’idrogeno verde

La tecnologia di bonifica dell’idrogeno solforato plasmonico è stata concessa in licenza da Syzygy Plasmonics, una startup con sede a Houston con oltre 60 dipendenti, i cui co-fondatori includono Halas.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.