Alla vigilia del consiglio di Lussemburgo l’Europa arriva divisa in due. Da un lato i sostenitori del piano UE, con la Francia capofila, e dall’altro Italia e 9 paesi dell'ex Europa dell'Est che chiedo più tempo per negoziare il pacchetto e un minor onere per l'industria
“La richiesta italiana di avere più tempo per approfondire il tema dei costi per la riduzione dell’anidride carbonica è stata condivisa da altri nove. Non c’è quindi nessun isolamento dell’Italia in Europa”. Così il premier Silvio Berlusconi ha risposto alle critiche avanzate in questi giorni da più fronti in merito alla posizione assunta dal Governo sul pacchetto clima. Ed è questo il terreno su cui su cui si aprirà il vertice dei 27 ministri dell’Ambiente UE oggi a Lussemburgo e che fin dalle prime battute si preannuncia serrato. All’appuntamento l’Italia si presenterà con la proposta di una “clausola di revisione” che consenta l’aggiustamento delle misure alla luce di una nuova valutazione di impatto, ma soprattutto che tenga conto dell’evoluzione dell’attuale crisi finanziaria ed economica mondiale. Secondo l’esecutivo l’analisi dovrà fare riferimento a due criteri ben precisi: “la promozione di misure analoghe o comparabili da parte delle più importanti economie extra europee quali Stati Uniti, Giappone, Canada, Cina, India, e Brasile; e gli effetti sulla competitività dell’economia europea nei mercati globali”.
L’indagine “efficacia-costi” – da effettuare nel 2009 e per una durata di 12-15 mesi – è dunque la condizione vincolante imposta dal governo italiano, ma sui cui si sono trovati d’accordo anche altri nove Stati UE. La Polonia insieme a Repubblica Ceca, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Bulgaria e Slovacchia avevano già manifestato il loro disaccordo ai costi del piano, e il Governo di Varsavia si è detto pronto a presentare al meeting di Lussemburgo una sua controproposta che consenta “ai paesi più poveri di sopravvivere”. A sostenere invece con decisione la bozza UE la presidenza di turno francese che, in accordo con la Commissione europea, è intenzionata a chiudere la questione nel prossimo consiglio di dicembre. Stesso fronte per Spagna e Germania, la prima dichiarandosi pronta a rispettare gli impegni di riduzione di CO2 sia sul versante economico che tecnologico ed a investire massicciamente sulle energie rinnovabili, la seconda spingendo sulla chiusura di un accordo entro la fine dell’anno, ma che sappia tener conto delle esigenze della sua forte industria.