Fa specie notare come sia proprio il nostro paese a farsi portavoce in Europa del malumore crescente verso la politica europea di forte riduzione entro il 2020 delle emissioni di CO2 nell’aria. La classica formula dell’accordo a livello europeo del 20x20x20, e cioè riduzione delle emissioni del 20%, aumento dell’efficienza energetica e dell’utilizzo di fonti rinnovabili sempre del 20% da qui al 2020, a causa delle crisi finanziaria ed economica dovrebbe secondo alcuni paesi, Italia in testa, essere prontamente rivista. Per il nostro paese, infatti, il costo per mettersi in regola sarebbe, secondo i calcoli di Confindustria, di circa 20-25 miliardi all’anno, che fa grossomodo 180 miliardi di euro. «La riduzione delle risorse finanziarie disponibili a livello globale riduce la possibilità di investimenti per intervenire sul sistema energetico mondiale verso un’economia a basso contenuto di carbonio» ha dichiarato il ministro Prestigiacomo. Mentre, dall’altra parte dell’oceano, dove la crisi è nata e la situazione non è certo migliore che in Europa e dove si emettono quasi il 25 % delle emissioni di co2 di tutta la terra, Obama, il nuovo presidente degli Stati Uniti, lancia invece un messaggio chiaro ed inequivocabile: a fronte dell’attuale crisi occorre rivedere alcune scelte di fondo in campo energetico per favorire maggiore sicurezza degli approvvigionamenti e incrementare l’occupazione. Cinque milioni di nuovi posti di lavoro puntando sul risparmio e sulle fonti rinnovabili. Senza contare che anche Germania, dove sono stati creati ben 250.000 posti nel settore delle energie rinnovabili, Francia e Spagna continuano in Europa nella loro costante crescita nello sviluppo delle fonti rinnovabili. Come diceva il buon Giulio Andreotti a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca e il dubbio che questo baillame intorno alla politica energetica europea, sia stato creato un po’ ad arte per cercare di fare spazio alla potente lobby del nucleare è molto alto. E’ infatti assolutamente sbagliato considerare in termini di costo l’utilizzo di fonti rinnovabili o l’aumento di efficienza energetica, invece che in termini di investimenti e di risparmio. Secondo un’analisi di Mc Kinsey, infatti, gli investimenti in efficienza possono stabilizzare i consumi energetici al 2020 in modo conveniente, con una riduzione del 20% rispetto allo scenario tendenziale e hanno tassi interni di ritorno degli investimenti dell’ordine del 10%: quali altri settori vantano una simile performance?