Draghi: ci sono “esigenze a breve termine” dettate dalla guerra in Ucraina e il minor flusso di gas dalla Russia “che richiederanno investimenti ampi nelle infrastrutture per il gas per i paesi in via di sviluppo e non solo”
L’anno scorso il G7 prometteva lo stop agli investimenti fossili
(Rinnovabili.it) – Marcia indietro sullo stop agli investimenti fossili in nome della guerra in Ucraina. Per dire addio senza troppi scossoni al gas e al petrolio di Mosca bisogna cancellare l’impegno, preso appena un anno fa, di bloccare tutti gli investimenti all’estero sulle infrastrutture dell’oil&gas. È la linea che la Germania porta al G7. Un pensiero che circola a Berlino ma anche in altre capitali. A partire da Roma.
“Nella situazione attuale ci sono delle esigenze a breve termine che richiederanno investimenti ampi nelle infrastrutture per il gas per i Paesi in via di sviluppo e non solo”, ha detto ieri Mario Draghi in apertura di G7. Secondo il premier italiano, è possibile rinunciare allo stop agli investimenti fossili senza pregiudicare transizione energetica e obiettivi sul clima nei prossimi anni. Finanziando nuove infrastrutture “dovremo assicurarci che possano essere poi convertite all’uso dell’idrogeno, un modo per conciliare le esigenze a breve con quelle a lungo termine”, ha spiegato il primo ministro italiano.
Cosa dice il G7 sugli investimenti fossili
Al tavolo dei 7 grandi che si riuniscono oggi, la bozza di comunicato finale preparata e fatta circolare dalla Germania, che presiede il G7, è molto chiara. I 7 paesi “riconoscono che gli investimenti a sostegno pubblico nel settore del gas sono necessari come risposta temporanea all’attuale crisi energetica”, si legge nel testo anticipato da Bloomberg. Che contiene una clausola simile a quella proposta da Draghi, ovvero il sì ai finanziamenti ma a patto che siano effettuati “in modo coerente con i nostri obiettivi climatici e senza creare effetti lock-in”, cioè senza incatenare i paesi a volumi emissivi troppo alti nei prossimi decenni.
Un testo che starebbe trovando ampio consenso. A opporsi è soprattutto la Gran Bretagna, che l’anno scorso alla vigilia della COP26 ci mise la faccia sullo stop agli investimenti fossili. A favore della retromarcia sarebbe anche il Canada. Berlino e Roma, i due maggiori clienti del Cremlino per il gas, hanno riattivato o pianificano di riportare in funzione centrali a carbone per supplire al mancato flusso di gas russo. E le loro strategie di diversificazione passano da accordi stretti in questi mesi con molti paesi produttori, tra cui Qatar e Algeria (dove serve un potenziamento della produzione e dell’infrastruttura per l’export), e altri come Congo, Mozambico, Angola dove l’infrastruttura gasiera deve ancora essere pienamente sviluppata.