Occorrerebbe costruire 9-10 GW/anno di fotovoltaico e circa 7 GW/anno di eolico per 6-7 anni, oltre ad un certo numero di piccoli invasi idrici di pompaggio sparsi sul territorio, per evitare in Italia il ricorso ai combustibili fossili per la produzione elettrica.
di Ugo V. Rocca
(Rinnovabili.it) – Considerando i dati del 2021 pubblicati da ENEA nel primo trimestre 2022, si può riassumere la situazione energetica in Italia come sotto rappresentata (prescindendo dalla considerazione che in questi anni in realtà si sono registrate forti variazioni nel settore): il fabbisogno di energia primaria del Paese nel 2021 è risultato di 167 MTEP di cui (in MTEP) Petrolio 53, Gas 62, Carbone 6, FER 36,5, Import Elettricità 9,5.
Si nota come i fossili “pesino” per 122 MTEP, cioè per il 73% del fabbisogno. Essendo l’Italia di fatto priva di risorse energetiche fossili, ciò comporta una grande dipendenza energetica dall’estero, un sensibile esborso di valuta, un impatto notevole sugli aspetti climatici connessi al bruciamento dei combustibili fossili.
Può essere utile anche tenere presente che, grosso modo, il gas viene utilizzato per il 20% nel settore industriale, per il 30% nella produzione elettrica e per il 50% circa nel settore civile.
Il consumo finale di energia è risultato di 124 MTEP.
Le perdite di sistema ammontano dunque a 167 – 124 = 43 MTEP, perdite essenzialmente connesse con i rendimenti di trasformazione (soprattutto bruciamento dei combustibili fossili) ed in parte con le perdite nelle fasi di trasporto e distribuzione dell’energia.
Si deve assumere che la volontà, soprattutto politica, sia realmente orientata a modificare la attuale dipendenza energetica dall’estero puntando decisamente sulle alternative oggi possibili tecnicamente ed economicamente rappresentate dalle varie fonti rinnovabili, FER, disponibili in Italia, quali sole, vento, idroelettrico, geotermia a bassa entalpia, biomasse. Tutte le alternative citate consentono di ridurre drasticamente i rilasci nocivi all’ ambiente, in particolare anidride carbonica (CO2, effetto serra) e particolati quali PM2,5 e PM10, frutto della combustione dei fossili e delle perdite di gas nel trasporto e distribuzione.
Un aspetto di rilievo spesso non evidenziato è costituito dal risparmio di combustibile fossile attivato dalle FER non solo per la evidente sostituzione delle fonti fossili con fonti naturali rinnovabili, quanto dalla evitata perdita energetica connessa alla trasformazione con combustione. In pratica produrre un kWh elettrico tramite bruciamento di fonti fossili comporta le perdite di rendimento sopra evidenziate (43 MTEP) mentre la produzione elettrica da idro, sole e vento viene conteggiata normalmente già tenendo in conto i rendimenti interni di trasformazione. In pratica con la produzione elettrica da FER si va ad incidere sul consumo finale elettrico in modo quasi diretto, risparmiando automaticamente le corrispondenti perdite relative alla produzione da fossili. In pratica con le FER occorre far fronte alla parte elettrica dei consumi (parte dei 124 MTEP) più che fare riferimento al fabbisogno primario (parte dei 167 MTEP).
D’altro canto la prevedibile penetrazione dell’energia elettrica (si pensi alle pompe di calore associate alla geotermia a bassa entalpia nel settore civile in sostituzione del gas nei sistemi urbani) richiederà in futuro un aumento della produzione elettrica a livello nazionale.
Attualmente (dati TERNA) in Italia si utilizzano 288 TWh elettrici, di cui 10 TWh importati. Le FER contribuiscono per 116 TWh , di cui (in TWh) da idroelettrico circa 48, da eolico 20, da fotovoltaico 25, 23 da altre FER. Restano quindi ben 162 TWh da fossili, più 10 TWh di importazione, da sostituire nel tempo con le FER.
Per produrre oltre 172 TWh/anno, solo con ricorso a nuovi impianti fotovoltaici ed eolici occorrono circa 60 GW di fotovoltaico e 45 GW di eolico (supponendo una producibilità di 1500 kWh/kWp anno per 30 GW di fotovoltaico fisso e di 1800 kWh/kWp anno per 30 GW con inseguimento ad un asse, cioè circa 100 TWh/anno e 1600 ore equivalenti per eolico, cioè 72 TWh/anno) con occupazione di terreno da parte del fotovoltaico (1,3 h/MWp, dati attuali) di circa 78.000 ettari (una inezia, per intenderci, circa il 2 % del terreno agricolo definito non utilizzabile, secondo dati ISTAT) ed ipotizzando installazioni eoliche essenzialmente off-shore.
Resta da chiedersi: in quanti anni si possono costruire detti impianti (60 GW di fotovoltaico e 45 GW di eolico) e come garantire la continuità della produzione in presenza di fonti solo parzialmente programmabili?
Ipotizzando una inevitabile coesistenza (per la produzione elettrica) tra i combustibili fossili e le FER per almeno 6-7 anni, basta organizzare la produzione (p.e. notturna) con le centrali tradizionali e ricorrere alle FER quanto più possibile compatibilmente con la loro disponibilità, superando le innegabili difficoltà gestionali della rete, come già avviene in alcuni paesi nell’Europa del Nord. In 6-7 anni si ha abbastanza tempo per prevedere dei piccoli invasi artificiali di acqua da utilizzare per il “pompaggio”, tecnica di accumulo energetico ben nota già applicata in Italia, che consentirebbe la gestione ottimale delle FER fronteggiando i momenti di carenza produttiva da sole e vento. La costruzione degli impianti FER può essere particolarmente veloce (si costruisce in tre/quattro mesi un impianto fotovoltaico da 40-50 MW su un sito da 50-60 ettari), purché siano velocizzate le autorizzazioni e risultino disponibili i materiali.
In pratica occorrerebbe, cosa possibile se si vuole veramente, costruire 9-10 GW/anno di fotovoltaico e circa 7 GW/anno di eolico per 6-7 anni, oltre ad un certo numero di piccoli invasi idrici di pompaggio sparsi sul territorio, per praticamente evitare in Italia il ricorso ai combustibili fossili per la produzione elettrica. Si deve fare riferimento ai piani nazionali ufficiali che prevedono la realizzazione di 70 GW da FER al 2030. Basterebbe un aumento a 105 GW e prevedere una accelerazione dei programmi, 7 anni anziché 10, per raggiungere l’obiettivo qui supposto, di totale sostituzione dei combustibili fossili per la produzione elettrica nazionale.
Azioni analoghe sono possibili ed auspicabili contemporaneamente nel settore civile, con l’incremento del ricorso al teleriscaldamento, possibilmente da centrali cogenerative, e con una forte incentivazione, anche normativa, per l’utilizzo della pompa di calore (elettrica) con calore da geotermia a bassa entalpia, energia rinnovabile ampiamente diffusa dalla Sicilia alle Alpi ma praticamente non ancora utilizzata in Italia.
Infine la riduzione del ricorso al petrolio è conseguibile sia tramite l’auto elettrica che con l’incremento effettivo dei mezzi di trasporto pubblico, in particolare elettrificati.
In pratica si ridurrebbe rapidamente e drasticamente il ricorso al gas per la produzione elettrica, per il settore civile e in parte per il settore industriale.
Tutto tecnicamente possibile e irrinunciabile nell’interesse dei cittadini. Resta da chiedersi perché risulta latitante la volontà politica di agire concretamente.
di Ing. Ugo V. Rocca – RESIT Srl