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Un futuro energetico a biomassa? E’ possibile

Sarebbe realistico secondo due ricercatori tedeschi ipotizzare un recupero dei terreni degradati attraverso la coltivazione della biomassa in quantità tali da rispondere alle esigenze energetiche mondiali, il cui sviluppo non sia in competizione con l'agricoltura.

Una strategia globale di approvvigionamento energetico basato sulle agroenergie che con un impatto ambientale pressoché nullo. Questa è l’ipotesi fortemente sostenuta dai ricercatori Jürgen O. Metzger della Carl von Ossietzky University di Oldenburg, in Germania, e Aloys Huettermann dell’Università di Goettingen, nel loro lavoro recente pubblicato dalla rivista Naturwissenschaften. Per entrambi gli scienziati una produzione elettrica e di carburante proveniente dalla coltivazione della biomassa è uno scenario praticabile sia dal lato economico che della sostenibilità.

I combustibili fossili ad oggi costituiscono circa l’87% del mix energetico complessivo, ma secondo le previsioni basate sugli attuali livelli di consumo, non saranno più in grado di rispondere alla domanda mondiale nel giro di un centinaio di anni. E le ultime ipotesi in tal senso riducono ulteriormente il tempo a disposizione.
Nonostante tutto la possibilità di produrre abbastanza biomassa da costituire un’importante fonte di energia senza entrare in competizione con i prodotti alimentari è considerata da molti esperti irrealistica, soprattutto in considerazione del progressivo aumento della popolazione mondiale.
L’approccio Metzger e Huettermann ribalta la questione, partendo dall’idea di dedicare terreni attualmente degradati o contaminati, e pertanto non adatti alle colture alimentari, a specie vegetali a crescita rapida che andrebbero in primis a bilanciare il quantitativo di anidride carbonica associato a tale produzione energetica. La quantità di CO2 creata dal suo impiego non è superiore alla quantità richiesta dalla sua crescita.
Si tratterebbe di una coltivazione di alberi a rapido sviluppo, destinati alla produzione di combustibili, secondo un modello a mosaico, non quindi in ampie piantagioni, ed attraverso l’impiego di altre fonti rinnovabili per rendere utilizzabile la biomassa stessa.
Il modello tedesco risponde così non solo alla questione energetica ma si pone anche come risoluzione del grave problema rappresentato dal progressivo degrado del suolo, dalla deforestazione e degli effetti correlati (processo erosivo e inquinamento delle acque costiere). Nelle previsioni riportate gli autori affermano che entro il 2050 sarà possibile destinare 3,6 miliardi di ettari di terreno alla produzione di bioenergia; punto di forza del progetto proprio il poco tempo necessario alla valutazione dei risultati: “È possibile iniziare immediatamente il processo di riforestazione, i risultati sono visibili in pochi anni ed è possibile portarlo a termine nel corso di alcuni decenni” si legge nello studio. “Se il processo di riforestazione fosse stato avviato nel 1992 saremmo già in grado di valutarne l’impatto e di aumentare in modo continuo i risultati; in questo modo la biomassa contribuirebbe con un’elevata percentuale all’approvvigionamento di energia primaria già entro il 2030”.

E tra i vantaggi oltre a ristabilire la fertilità del terreno, anche un conveniente modo di immagazzinamento dell’energia, di rigenerazione delle riserve idriche globali, oltre al controllo del degrado dei suoli. Lo scenario prospettato – aggiungono gli autori dello studio – “sarà un passo importante per realizzare i programmi delle Nazioni Unite nella lotta contro la desertificazione e la deforestazione, senza costi aggiuntivi”. Ogni paese potrebbe in tal modo essere in grado di produrre autonomamente una parte di energia utile al proprio approvvigionamento, mantenendo contenuti i costi di trasporto.

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