Quando si parla della gestione dei rifiuti, uno dei temi clou di discussione è quello inerente la figura del produttore e le sue responsabilità.
di Bernardino Albertazzi-Giurista Ambientale
L’originaria nozione di “produttore” del rifiuto (recepita fedelmente dalle direttive comunitarie in materia) , di cui alla lett.f) dell’art.183 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è stata oggetto di modifica, a far data dal giorno04/07/2015, da parte del D.L. 4 luglio 2015, n. 92 “Misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale”. Le medesime disposizioni sono state poi trasposte e approvate nell’ambito della legge 6 agosto 2015, n.125.
Il testo originario della legge definiva: “produttore di rifiuti”: il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore).
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La nozione di “produttore” del rifiuto
Il testo attualmente vigente della legge definisce “produttore di rifiuti”, il soggetto la cui attività produce rifiuti “e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione” (produttore iniziale).
Dunque la modifica apportata riguarda la nozione di “produttore iniziale”, nell’ambito della quale è stato aggiunto il riferimento anche al “soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione” (di rifiuti).
Era opinione diffusa in dottrina che la novità normativa imprevista ed imprevedibile (e non frutto del recepimento di norme comunitarie) avrebbe comportato sgradite conseguenze ad un elevatissimo numero di imprese pubbliche e private.
La modifica normativa sembrava aver riaperto una questione che era già stata risolta in via definitiva dalla giurisprudenza nel passato e cioè la questione di chi debba considerarsi produttore del rifiuto nell’ipotesi in cui, ad esempio, il proprietario o possessore di un bene, mediante contratto di appalto o di prestazione d’opera, affidi ad altro soggetto l’esecuzione, sul medesimo bene, di un’attività dalla quale originano rifiuti, cioè per intenderci, tutti i soggetti “committenti” di attività edilizie o di attività di manutenzione.
La giurisprudenza di legittimità, in maniera costante a far data dall’anno 2001, si è espressa nel senso che tali soggetti “committenti” non potevano essere considerati “produttori del rifiuto” generato dallo svolgimento delle attività affidate a terzi
L’attuale definizione di “produttore” sembra riesumare un risalente orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazioneche, fin dal 2000, con Sentenza n. 4957 del 21 gennaio, aveva coinvolto nella nozione di produttore di rifiuti non solo il soggetto dalla cui attività concretamente origina il rifiuto ma anche “il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile tale produzione” individuando, in questa seconda definizione, il soggetto “committente” dei lavori eseguiti dal produttore effettivo .
La sentenza aveva stabilito che: “ anche il proprietario dell’immobile committente o l’intestatario della concessione edilizia con la quale si consente l’edificazione di un nuovo edificio previa demolizione di altro preesistente devono essere considerati produttori dei rifiuti derivanti dall’abbattimento del precedente fabbricato”.
Tale orientamento era stato espresso anche nelle Sentenze Cassazione Penale Sez. 3, Sez. 3, n.24347 del 5 giugno 2003; Sez.3, n.1340 del 19 gennaio 2007.
Dato che la norma vigente ha inserito nella nozione di produttore esattamente la locuzione utilizzata in passato da una parte della giurisprudenza, la quale aveva voluto estendere la nozione di produttore aldilà del soggetto c.d. “produttore materiale”, ci si è interrogati, in dottrina, se dalla nuova nozione di “produttore” possa discendere un’interpretazione in base alla quale per produttore di rifiuti, deve intendersi non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti (come avveniva prima della modifica normativa), ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione, a carico del quale si può configurare, quale titolare di una posizione definibile come “di garanzia”, l’obbligo di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti nei modi prescritti dal Dlgs 152/2006 e s.m.
In particolare ci si è chiesto se possa essere considerato produttore di rifiuti anche:
a) il soggetto committente di lavori in appalto
b) il soggetto che affida ad una ditta terza le operazioni di manutenzione delle proprie attività.
Il committente nella giurisprudenza maggioritaria
La modifica normativa sopra esplicitata, nonostante sembri propendere per un’interpretazione “estensiva” della nozione di “produttore” del rifiuto, dopo alcuni anni di applicazione, nonostante le opinioni divergenti espresse dalla dottrina, non ha prodotto un cambiamento della giurisprudenzarelativo a tale fattispecie, la quale continua ad esprimersi in linea di continuità con la giurisprudenza largamente maggioritaria sul tema, come espressasi negli ultimi quindici anni.
Si veda in proposito la Sentenza Cassazione Sez. III n. 223 del 9 gennaio 2018, di cui si riportano di seguito i principali arresti :
“In ipotesi di esecuzione di lavori attraverso un contratto di appalto, è l’appaltatore che – per la natura del rapporto contrattuale da lui stipulato ed attraverso il quale egli è vincolato al compimento di un’opera o alla prestazione di un servizio, con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio dell’intera attività – riveste generalmente la qualità di produttore del rifiuto; da ciò ne deriva che gravano su di lui, ed in linea di principio esclusivamente su di lui, gli obblighi connessi al corretto smaltimento dei rifiuti rivenienti dallo svolgimento della sua prestazione contrattuale, salvo il caso in cui, per ingerenza o controllo diretto del committente sullo svolgimento dei lavori, i relativi obblighi si estendano anche a carico di tale soggetto”.
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La sentenza della Corte di Cassazione, n. 39952/2019
La più recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III n. 39952 del 30 settembre 2019, sembra avvalorare un orientamento contrastante con quello maggioritario sopra esposto. Nel caso di specie la società A svolgeva attività di sabbiatura sulle carene di alcune navi nel cantiere del Porto di Messina e la società B raccoglieva il grit esausto, derivante da tali attività, nei cassoni del cantiere navale.
Solo la società A, da contratto, si occupava dello smaltimento dei rifiuti.
Le due società sono state tratte a processo con l’accusa di traffico illecito di rifiuti.
Dispone la sentenza che “non può dubitarsi del coinvolgimento” della società B e del suo legale rappresentante “nel traffico illecito di rifiuti organizzato dalla società A”.
“A tale proposito, bisogna preliminarmente rilevare che l’art. 1 della legge n. 125 del 2015 – che ha esteso la nozione di “produttore di rifiuti” di cui all’art. 183, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 152 del 2006 anche al produttore “giuridico” e non solo materiale del residuo da destinare allo smaltimento – non ha modificato il quadro delle responsabilità dei soggetti coinvolti nel traffico illecito di cui si discute.
Infatti, la nuova disposizione, letta in combinato disposto con l’art 188, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, pur avendo specificato la responsabilità del produttore giuridico di rifiuti – da doversi intendere quale committente dei lavori da cui deriva la produzione degli stessi – non ha certamente escluso la responsabilità del produttore materiale, ossia del soggetto che abbia, di fatto, prodotto le sostanze destinati allo smaltimento.
Tale soluzione è confermata dalla giurisprudenza formatasi prima dell’introduzione del d.lgs. n. 152 del 2006, nella vigenza del d.lgs. n. 22 del 1997 – che, in conseguenza delle modifiche introdotte dalla legge n. 125 del 2015, deve essere integralmente richiamata – secondo cui per “produttore” di rifiuti deve intendersi non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione ed a carico del quale sia quindi configurabile, quale titolare di una posizione di garanzia, l’obbligo di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti nei modi prescritti (ex plurimis, Sez. 3, n. 24347 del 09/04/2003; Sez. 3, n. 4975 del 21/01/2000).”
Afferma ancora la sentenza che:
“Nel caso di specie, i giudici di merito hanno ben evidenziato che la Società B era produttore materiale dei rifiuti derivanti dall’attività di sabbiatura svolta nel cantiere navale della Società A. La stessa, infatti, si occupava del carenaggio delle navi e dunque produceva i rifiuti che venivano illecitamente smaltiti.
Il legale rappresentante della società, pertanto, era gravato ex art. 188, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 dell’ obbligo di vigilare sul corretto smaltimento del grit esausto risultante dall’attività di sabbiatura.
Perciò, a nulla rileva il fatto che la Società B si era accordata con la Società A affinché l’effettiva gestione dei rifiuti fosse demandata alla Società A .
Infatti, a prescindere dagli accordi relativi agli oneri di smaltimento – che nella prassi spesso trasferiscono all’appaltatore mere attività operative e mantengono sull’appaltante, per ragioni di politica aziendale, gli oneri materiali ed economici dello smaltimento dei rifiuti – la responsabilità in ordine al complessivo iter di smaltimento, secondo quanto previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 183, comma 1, lettera f), e 188, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, rimane congiuntamente in capo al produttore giuridico, al produttore materiale e al detentore dei rifiuti. In sintesi, il mancato trasferimento degli oneri di smaltimento nell’ambito del contratto di appalto non comporta il venir meno della responsabilità del produttore materiale dei rifiuti per le attività poste in essere dai soggetti deputati, a qualsiasi titolo, allo smaltimento medesimo”.
Dalla lettura della sentenza si evince dunque che la Corte ritiene tuttora validi gli orientamenti giurisprudenziali del passato che, fin dal 2000, avevano coinvolto nella nozione di produttore di rifiuti non solo il soggetto dalla cui attività concretamente origina il rifiuto ma anche “il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile tale produzione” individuando, in questa seconda definizione, il soggetto “committente” dei lavori eseguiti dal produttore effettivo.
Si evidenzia in conclusione che, in base all’orientamento interpretativo accolto dalla sentenza cit., il produttore giuridico, qualora non si adoperi attivamente ad impedire che il produttore materiale commetta una reato inerente la gestione dei rifiuti, dovrebbe essere qualificato come responsabile in concorso con il produttore materiale, a causa della sua responsabilità omissiva, ex art. 40, comma 2 c.p..
di Bernardino Albertazzi – Giurista Ambientale
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