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Accordo Sarkozy-Berlusconi: un buon affare per i francesi

Siamo andati a leggere i commenti del prestigioso "Le Monde" per capire come in Francia sia stato percepito l'accordo sulle centrali nucleari

Da parte francese, riporta il quotidiano Le Monde, non si può che essere contenti della scelta effettuata dall’esecutivo italiano a favore del know-how francese in fatto di centrali nucleari. Nella diplomazia cisalpina ci sono valutazioni che sono addirittura entusiaste di questo accordo.
Insomma dall’articolo del quotidiano parigino si ha la sensazione che questo accordo si debba presentare particolarmente vantaggioso per il partner francese Edf. Forse più che per quello italiano Enel? Viste le cifre, il giornale parla di un giro di 40 miliardi in euro per gli operatori francesi Edf, Areva, GDF-Suez, il dubbio potrebbe sussistere.
Ma qui c’è qualcosa che non torna. Infatti, mentre nelle dichiarazioni ufficiali del governo e nei dati riportati dalla stampa italiana si è parlato di quattro centrali nucleari di terza generazione che entrerebbero in funzione nel 2020, “Le Monde” scrive invece che il governo Berlusconi ha intenzione di costruire tra le otto e le dieci centrali, di cui le prime dovrebbero essere operative già nel 2018, oltre al rilancio delle installazioni esistenti.
Quali ci chiediamo?
In cambio comunque sembra confermato che l’Enel acquisirebbe un 12,5% del secondo reattore EPR francese realizzato a Pela (Seine-Maritime) a fronte dei quaranta miliardi che non si sa ancora bene chi dovrà pagare, se lo Stato italiano o l’Enel (che comunque è sempre di proprietà dello Stato).
Ma i francesi sanno ciò cui vanno incontro e non si nascondono che quello che è per loro un ottimo affare presenta un bel rischio: l’individuazione dei siti dove installare gli impianti. Sanno bene Sarkozy e compagni quello che è successo per la Tav o solo per i rigassificatori. E infatti “Le Monde” sottolinea come anche se i Verdi e la sinistra radicale non siedono in parlamento, hanno ancora un forte radicamento nei governi locali e la popolazione italiana in un sondaggio si è espressa in una sorta di sì al nucleare, ma a patto che sorga lontano dalla sua città o addirittura dalla sua provincia. Insomma le resistenze delle popolazioni locali (anche aldilà degli schieramenti politici) potrebbero creare seri problemi per la realizzazione.
Quanto varranno quindi le rassicurazioni del premier Berlusconi che ha dichiarato di non voler cedere al “fanatismo ambientalista”?