Contenere il riscaldamento globale sotto la soglia più bassa decisa con l’accordo di Parigi, senza superarla mai neppure temporaneamente, fa crescere del 2% il Pil globale al 2100. Tutte le alternative sono peggiori
Secondo l’Ipcc, il mondo è già arrivato a 1,1°C di riscaldamento globale
(Rinnovabili.it) – Nonostante tutti gli sforzi per contenere il cambiamento climatico, c’è un’alta probabilità che supereremo la soglia di 1,5 gradi di riscaldamento globale, anche se temporaneamente. Uno studio del Climate Council australiano sostiene che avverrà sicuramente almeno una volta entro il 2030. Il dossier United in Science 2021, invece, calcola che c’è il 40% di probabilità che sforeremo almeno una volta già entro il 2025. Eppure, non sforare affatto farebbe davvero bene all’economia globale, argomenta una nuova ricerca pubblicata su Nature Climate Change. E garantirebbe una crescita del Pil mondiale del 2% nel 2100.
Sforare gli 1,5 gradi di riscaldamento globale genera soprattutto due tipi di problemi. Il primo è come piegare la curva e tornare sotto la soglia entro il 2100. I modelli che descrivono questo scenario ci dicono che servirà necessariamente più capacità di sequestro e la cattura della CO2, ma su una scala veramente ampia. Tanto ampia da essere forse impraticabile. Il secondo, spiegano gli autori della ricerca, è l’impatto del cambiamento climatico oltre quella soglia. Gli estremi climatici non saranno soltanto più dannosi (e quindi più costosi), potrebbero anche modificare in modo permanente alcuni ecosistemi. Impossibile tornare indietro, in casi come questo, se non su tempi lunghissimi.
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Lo studio riflette queste criticità mettendo insieme i modelli elaborati da 9 team diversi e calcola le condizioni necessarie per evitare l’overshoot degli 1,5 gradi di riscaldamento globale. La prima condizione è una quantità elevata di investimenti iniziali per innescare la transizione accelerata. Investimenti che saranno ampiamente ripagati anche se su tempi piuttosto lunghi. Certo, la crescita finale del Pil globale sarà “appena” del 2%. Ma le alternative sono tutte peggiori.
A cosa prestare più attenzione? Al settore dei trasporti, argomenta lo studio. “Una rivoluzione della mobilità sarà cruciale per ridurre la dipendenza dalle tecnologie a emissioni nette negative e per mitigare i loro rischi e l’impatto negativo sulla società”, spiega Daniel Huppmann, co-autore dello studio.
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