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Produrre combustibili solari sul tetto

Negli ulti due alcuni ricercatori dell'ETH di Zurigo ha gestito un miniraffineria sperimentale sul tetto del loro laboratorio. L'apparecchio ha prodotto metanolo usando solo aria e luce

Produrre combustibili solari
Credits: Alessandro Della Bella / ETH Zurigo

Ottimizzato l’approccio termochimico alla produzione dei combustibili drop-in 

(Rinnovabili.it) – Produrre combustibili solari rappresenta ancora oggi un’impresa. Farlo creando un unico sistema che trasformi “direttamente” l’aria in metanolo è ancora più complesso. Eppure i ricercatori dell’ETH di Zurigo hanno colto nel segno. E, il 3 ottobre, un team guidato da Aldo Steinfeld ha pubblicato su Nature (testo in inglese) il risultato degli ultimi 2 anni di ricerca sul campo.

In questo lasso di tempo il gruppo ha realizzato e testato sul tetto del proprio laboratorio una miniraffinera solare. Questo sistema può generare combustibili liquidi drop-in, come metanolo o cherosene, utilizzando solo luce ed aria. Il segreto sta in uno speciale processo termochimico multistadio, in grado di mettere assieme quelle che fino a ieri erano fasi separate. “Abbiamo dimostrato con successo la fattibilità tecnica dell’intera catena del processo”, afferma Steinfeld sul sito dell’ETH. “L’intero sistema integrato raggiunge un funzionamento stabile in condizioni reali di radiazione solare intermittente e funge da piattaforma unica per ulteriori ricerche e sviluppi”.

Produrre carburanti solari significa usare l’energia del sole per generare combustibili chimici sintetici. Esistono diverse strade per ottenere ciò: quella fotochimica (ossia l’attivazione di alcune reazioni chimiche da parte dei fotoni); fotobiologica (fotosintesi artificiale); elettrochimica (usando usando l’elettricità del fotovoltaico per guidare le reazioni); termochimica (attraverso l’uso del calore solare concentrato per guidare le reazioni chimiche).

Produrre combustibili solari da luce, CO2 e umidità atmosferica

Gli scienziati del Politecnico di Zurigo hanno scelto l’ultima opzione dimostrando la piena fattibilità sull’intero procedimento. “La raffineria solare è costituita da tre unità di conversione termochimica integrate in serie”, spiega Steinfield. “La prima estrae CO2 e acqua direttamente dall’aria. La seconda, l’unità redox solare, le converte in una specifica miscela ricca di idrogeno e monossido di carbonio: il cosiddetto syngas. La terza, quella di sintesi gas-liquido, trasforma il syngas in idrocarburi liquidi”.

Il sistema impiega uno specchio parabolico per concentrare la luce sul reattore solare da 5kW, ottenendo temperature intorno ai 1.500°C.

“Ciò che è andato eccezionalmente bene – ha aggiunto lo scienziato – è che abbiamo ottenuto la selettività totale per la scissione” di acqua e CO2, senza alcun “sottoprodotto indesiderato. Inoltre, […] siamo stati in grado di personalizzare la composizione del syngas per la sintesi del metanolo o del cherosene”. Il punto dolente? L’efficienza energetica è ancora troppo bassa. “Ad oggi, il valore più alto che abbiamo misurato per il reattore solare è del 5,6%. Sebbene rappresenti  un record mondiale per la scissione termochimica solare, non è abbastanza buono. È ancora necessaria una sostanziale ottimizzazione del processo”.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.