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Mercato dell’idrogeno, quali saranno i più grandi Paesi esportatori?

La domanda globale di idrogeno a basse emissioni potrebbe aumentare di sei volte da oggi al 2050, Nell'ipotesi più ambiziosa per il clima si stimano 530 milioni di tonnellate, di cui quasi 150 milioni scambiate via mare

Mercato dell'idrogeno,
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Il mercato dell’idrogeno a basse emissioni, tra import ed export

(Rinnovabili.it) – Padroneggiare o meno il mercato dell’idrogeno a livello mondiale potrebbe fare la differenza per il futuro dei grandi esportatori di energia. E la corsa ai primi posti è già iniziata. Lo rivela una nuova analisi di Wood Mackenzie focalizzata su progetti e movimenti dell’H2 e su come questi possano influenzare la transizione ecologica internazionale.

Nel 2020 il mercato globale dell’energia valeva ben 2.000 miliardi di dollari, contribuendo con oltre 9 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente (CO2e) alla crisi climatica. Nello stesso anno, i primi cinque esportatori di energia – Arabia Saudita, Russia, Australia, Stati Uniti e Indonesia – hanno prodotto più della metà di tutta l’energia scambiata.

Un elemento chiave di differenziazione potrebbe essere proprio l’idrogeno a basse emissioni (H2 verde e H2 blu), il cui utilizzo aumenterà progressivamente. Da qui al 2050, la società d’analisi prevede che la richiesta aumenterà da due a sei volte. Nello scenario AET-1.5 (riscaldamento di 1,5 °C), viene stimata una domanda globale di 530 milioni di tonnellate, di cui quasi 150 milioni scambiati via mare.

Le rotte dell’idrogeno

Chi lo importerà? Soprattutto l’Asia nordorientale e l’Europa. Le due regione potrebbero catalizzare fino a 80 milioni di tonnellate commerciate via nave. Ad “imbarcarlo” saranno invece i grandi esportatori energetici di oggi e qualche new entry.

Russia, Canada, Australia e Medio Oriente, Brasile e Cile sono già alle prese con mega progetti orientati all’export. Nel fiorente mercato dell’idrogeno verde quasi il 60% delle iniziative di scambio proposte si trova in Medio Oriente e Australia, ed è rivolta ai Paesi dell’Europa e del nord-est asiatico. Secondo gli analisti, gli sviluppatori, i finanziatori e gli acquirenti saranno attratti da luoghi con una comprovata esperienza nell’esportazione di risorse naturali, condizioni adeguate per produrre elettricità rinnovabile a basso costo e un buon potenziale per la cattura del carbonio su larga scala.

“Anche se non esistono due progetti di esportazione di idrogeno uguali, la differenza più evidente nelle proposte avanzate è tra l’idrogeno blu e quello verde”, spiega Il vicepresidente di Wood Mackenzie, Gavin Thompson. “Ma dipingerlo come una scelta aut-aut è una semplificazione eccessiva”. “La maggior parte dei progetti proposti rappresentano attualmente una combinazione dei due”, aggiunge Thompson. “Un esportatore di idrogeno blu in Australia o in Medio Oriente, ad esempio, potrebbe stabilire una posizione di mercato mentre si espande nell’idrogeno verde poiché i costi diminuiscono nel tempo e la capacità diventa disponibile. I produttori potrebbero quindi costruire le loro catene di approvvigionamento di idrogeno a basse emissioni di carbonio man mano che l’H2 verde diventa più competitivo”.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.