Il documento programmatico presentato dal governo è pieno di lacune e misteri. L’impegno per net-zero non è vincolante, carbone e miniere continueranno a tutto spiano produzione e export. Si punta su nuove tecnologie, ma senza spiegare come
L’Australia presenta il suo piano per la neutralità climatica
(Rinnovabili.it) – La grande rivoluzione sul clima dell’Australia sta tutta in un opuscoletto blu, sulla copertina una freccia bianca che punta in basso a destra e un titolo che dice già molto: “Il piano per raggiungere la neutralità climatica. All’australiana”. Cosa significa esattamente “The Australian way” lo ha spiegato ieri il premier Scott Morrison: “Non ci faremo dare lezioni da altri che non capiscono l’Australia. L’Australian Way è tutta una questione di come lo si fa, e non se lo si fa. Si tratta di farlo”.
Se queste parole vi sembrano fumose è proprio perché lo sono. Il piano di Canberra per raggiungere la neutralità climatica ha solo un punto fermo, anzi due. Il primo è il 2050, la data entro la quale il governo ha promesso di diventare net-zero, allineandosi così al gruppo di paesi più ambiziosi come l’Unione Europea e gli Stati Uniti. L’altro punto è che nell’opuscolo blu non sta scritto da nessuna parte che la transizione energetica significa dire addio alle fonti fossili, architrave dell’economia nazionale (e del consenso politico).
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In realtà il piano australiano ha più buchi neri che nuove promesse. Le fossili? Restano, così come l’industria pesante e quella mineraria: non si fa cenno a strategie serie di decarbonizzazione. Di più, il premier ha detto chiaramente che non ci saranno limitazioni alla produzione di carbone.
Gli obiettivi al 2030, che sono necessari per mettere il turbo in questo decennio decisivo? Restano com’erano prima. Canberra aveva promesso di ridurre le sue emissioni di gas serra del 26% rispetto ai livelli del 2005. Target inalterato, ma Morrison si è affrettato a dire che il paese è sulla strada giusta per tagliarle del 30-35%. L’UE punta a una riduzione del 55% ma sui valori del 1990, gli USA a -52% sul 2005.
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Mentre l’opposizione commentava con frasi come “E’ uno scherzo questo piano”, Morrison ha ingranato il suo nuovo mantra: “Tecnologia, non tasse”. Cosa significa? Sul piatto ci sono 15 miliardi di dollari di investimenti nei prossimi 20 anni per promuovere tecnologie low-carbon. Nella lista finiscono idrogeno pulito (l’Australia punta a diventare un player globale insieme al Giappone), lo stoccaggio di energia, acciaio e alluminio a basse emissioni, l’immancabile CCS (cattura e stoccaggio della CO2) e il solare ultra low-cost.
Il balzo tecnologico futuro – tutt’altro che certo – dovrà coprire il 15% dei tagli emissivi del paese, mentre alle azioni già possibili oggi viene lasciato spesso un ruolo ancillare. Ma anche l’affidabilità del capitolo tecnologie è tutta da dimostrare: il premier si è rifiutato di pubblicare i modelli di calo delle emissioni che dimostrerebbero la bontà del suo piano.