La transizione verso un’economia circolare richiede un cambiamento strutturale e l’innovazione è il cardine di questo cambiamento
di Laura Luigia Martini e Francesco Rota
L’economia circolare o circular economy è un modello economico con i seguenti obiettivi: progettare ed eseguire processi di sviluppo sostenibile riducendo sprechi e ricorso diretto alle materie prime; mantenere il valore delle risorse nel lungo periodo e creare cicli chiusi autorigeneranti di prodotti, o parti di essi, considerando gli impatti sociali, ambientali ed economici.
Emerge quindi un sistema economico basato su modelli di business che, oltrepassano il concetto di fine vita degli assets, valorizzandone il riutilizzo nei processi di produzione/distribuzione e consumo, operando sia a micro livello (prodotti, imprese, consumatori), sia a livello intermedio (parchi eco-industriali) sia a macro livello (città, regione, nazione e oltre), per realizzare uno sviluppo sostenibile a beneficio delle generazioni attuali e future.
La creazione di tale sistema prevede innanzitutto la definizione di una rete circolare connessa, anche tramite strumenti digitali, che unisca gli attori del processo (estrazione della materia prima, trasformazione, assemblamento, installazione, fornitura del servizio, uso e consumo, manutenzione, riuso, dismissione, ricondizionamento, riconversione, lavorazione per ri-estrazione), capovolgendo domanda e offerta ogni volta che un segmento del ciclo di vita dell’oggetto si è completato.
La nozione di economia circolare ha radici storiche e filosofiche profonde e i modelli di economia circolare sono rappresentati da diverse grandi scuole di pensiero. L’idea dei cicli chiusi propri dei sistemi del mondo naturale ha goduto di una rinascita nei paesi industrializzati dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando l’avvento degli studi sui sistemi non lineari ha rivelato la natura complessa, interconnessa e quindi imprevedibile del mondo in cui viviamo.
Le attuali tecnologie innovative, grazie alle loro possibilità di analisi, controllo e predizione dei processi hanno il potere di supportare la transizione verso un’economia circolare, spingendo verso la virtualizzazione, dematerializzazione ed intelligenza basata su feedback derivanti da nuove informazioni e dati generati.
Nel caso della creazione di una rete di economia circolare riferita al ciclo di vita di un asset e dei suoi servizi, è possibile ricorrere ad una progettazione integrata che prevede la pianificazione dei processi che coinvolgono il suo impatto ambientale, valorizzando anche momento di fine ciclo vita (Figura 1).
Trend di economia circolare in Italia e nel mondo
L’Unione Europea è una delle aree più coinvolte nell’attivazione di modelli di economia circolare, soprattutto nella promozione di iniziative e progetti internazionali. La European Spatial Planning Observation Network (ESPON) ha avviato progetti e studi per definire l’attuazione sul territorio di iniziative di economia circolare in relazione ad alcune best practices.
Alcuni settori (industria del cibo, gestione dei rifiuti, mobilità e ambiente costruito) emergono come privilegiati per l’attivazione di pratiche di economia circolare volte alla riduzione delle emissioni di CO2 del 48% entro il 2030 e dell’83% entro il 2050 rispetto ai livelli del 2012. Contestualmente, la European Circular Economy Stakeholder Platform, mappa e promuove i piani strategici di economia circolare a livello nazionale, regionale e locale, evidenziandone una stretta connessione con la valorizzazione e riconversione delle aree urbane
All’interno del programma quadro europeo Horizon 2030, il Circular Economy Action Plan individua altri sei settori determinanti per implementare modelli di economia circolare a basso impatto ambientale e ad alto valore di riuso. L’applicazione di modelli di economia circolare a questi settori permette di creare sistemi e circuiti locali e schemi di collaborazione guidati dalla comunità, considerando le risorse disponibili in un determinato territorio ed evidenziandone gli elevati livelli di specificità territoriale.
Nell’analisi dei settori in cui attivare modelli di economia circolare, il report CIRCTER (Circular Economy and Territorial Consequences. Draft Synthesis Report) di ESPON individua nella gestione dei rifiuti il settore privilegiato verso cui tutte le città europee dovrebbero orientare gli investimenti a livello territoriale. In aggiunta, il ricondizionamento e la simbiosi industriale dovrebbero essere sviluppati nelle aree industriali dismesse o in declino, come in molte città portuali post-industriali europee per valorizzare gli scarti come risorse.
L’importanza dei territori urbani per l’attivazione di pratiche di economia circolare è evidenziata dalle direttive di EUROCITIES, che sottolinea la necessità di accoppiare modelli di economia circolare alla progettazione della città, per attivare una transizione verso un’economia sostenibile dei sistemi urbani.
Questa organizzazione ha raccolto esperienze di economia circolare applicata a città di diverse dimensioni individuando nel ruolo dei sistemi alimentari locali, della gestione dei rifiuti alimentari, dell’ecologia industriale, del riciclaggio dei materiali e dell’implementazione di più ampi piani strategici la chiave determinante per la creazione di pratiche di economia circolare.
Per facilitare l’attivazione di modelli di economia circolare, la Commissione Europea ha inoltre proposto dal 2018 un primo set di tredici indicatori di misura, presentati nel report periodico “Measuring Progress Towards Circular Economy in the European Union—Key Indicators for a Monitoring Framework”. Questi indicatori, tra cui la produzione di rifiuti ed il tasso di riciclaggio delle diverse tipologie, potrebbero essere utilizzati per controllare l’effettiva implementazione delle iniziative di economia circolare anche tramite l’estrazione e il monitoraggio di variabili con strumenti digitali.
Viene naturale chiedersi a che punto sia l’Italia nell’attivazione di modelli di economia circolare volti a perseguire lo sviluppo sostenibile nel lungo periodo. Lo scenario italiano ricalca il prolifero panorama europeo, sia a livello industriale (per processi e tecnologie) che urbanistico (per città, regioni e territori).
Secondo il Rapporto sull’Economia Circolare del 2021, l’Italia continua a posizionarsi al primo posto tra le principali economie Ue, con una quota di riciclo complessiva del 68% (rispetto al 57% Ue) ed un tasso di uso circolare di materia del 19.3% (contro l’11,9% Ue).
L’Italia ha approvato una serie di azioni politiche per l’adozione di modelli di economia circolare che definiscono orientamenti e criteri. Inoltre, il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico delineano nel documento “Verso un modello di economia circolare per l’Italia” (2017) il posizionamento strategico dell’Italia, ulteriormente rafforzato nel 2020 con la creazione della Direzione generale per l’economia circolare.
Dal punto di vista dei finanziamenti, nel PNRR sono previsti 2,1 miliardi di euro per interventi inerenti l’economia circolare, di cui 1,5 miliardi per la realizzazione e l’ammodernamento di impianti per il trattamento dei rifiuti, per l’adeguamento di standard qualitativi e per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla normativa europea e nazionale.
La Strategia per l’Economia Circolare, presente tra le riforme del PNRR e da adottare entro giugno 2022, includerà specifiche metodologie, sistemi di monitoraggio e tracciabilità dei controlli permetteranno di valutare i reali progressi nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. Inoltre, il PNRR contiene investimenti dedicati all’incentivazione del piano Transizione 4.0, evidenziando la correlazione fra il tema dell’economia circolare ed il controllo dei processi e la digitalizzazione della gestione.
Il Rapporto 2020 sull’economia circolare in Italia, elaborato dal CEN (Circular Economy Network) in collaborazione con l’ENEA e la Fondazione Sviluppo Sostenibile, analizza lo stato dell’arte dell’economia circolare nel nostro paese e la presenza di pratiche di circular economy in diversi contesti. Ne emerge il ruolo cruciale delle città nella transizione verso modelli di economia circolare tramite programmi integrati di rigenerazione urbana e tecnologie abilitanti che permettono di governare e pianificare i processi in maniera predittiva.
In conclusione, i modelli di economia circolare applicati alla progettazione urbana possono ridefinire il paradigma delle città. L’attuale stagione di iniziative orientate alla progettazione urbana e sostenibile ha la forza di coordinare il modo in cui le città si espandono e sono gestite, considerando i loro impatti ambientali e sociali. La definizione di processi di digitalizzazione e la loro integrazione con i modelli di economia circolare urbana possono supportare la gestione sul lungo periodo dei servizi delle future città italiane intelligenti.