Gli scienziati dell'ETH di Zurigo hanno passato al setaccio un'ampia gamma di dati su monomeri, additivi e coadiuvanti plastici impiegati nel mercato. E oggi avvertono: "quasi un quarto di tutte le sostanze chimiche utilizzate sono altamente stabili, si accumulano negli organismi o sono tossiche"
Primo database dei componenti delle materie plastiche
(Rinnovabili.it) – La plastica è pratica, economica, resistente e incredibilmente versatile. Caratteristiche che ne hanno fatto uno dei materiali più utili e diffusi al mondo. Ma oggi questa stessa diffusione getta interrogativi importanti per l’ambiente e la salute, a cui la scienza sta ancora tentando di rispondere. Domande come quella emersa dallo studio dell’ETH di Zurigo che per la prima volta ha prodotto un database dei monomeri, additivi e coadiuvanti utilizzati nella produzione e lavorazione delle materie plastiche. Gli scienziati, guidati dalla professoressa Stefanie Hellweg, hanno passato al setaccio 63 fonti di dati industriali, scientifici e normativi sulle plastiche. E hanno identificato un totale di circa 10.500 sostanze chimiche. Di queste 2.489 sono impiegate dal settore degli imballaggi, 2.429 da quello tessile e2.109 dalle applicazioni del comparto alimentare; alcune sono legate invece ai giocattoli (522) e altre ai dispositivi medici, comprese le mascherine chirurgiche (247).
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Sappiamo cosa contiene la plastica che usiamo?
Il dato sui componenti non appare inconsueto, ma i ricercatori svizzeri aggiungono un’ulteriore informazione. Delle 10.500 sostanze identificate, 2.480 (circa il 24%) sono classificate come “potenzialmente preoccupanti”. Cosa significa? Che “quasi un quarto […] sono altamente stabili, si accumulano negli organismi o sono tossiche”, spiega Helene Wiesinger, ricercatrice e autrice dello studio. “Queste sostanze sono spesso tossiche per la vita acquatica, causano il cancro o danneggiano organi specifici”.
Ma a preoccupare è anche un altro aspetto. “Molte delle sostanze discutibili sono a malapena regolamentate o descritte in modo ambiguo”, continua Wiesinger. Per la precisone, il 53% di quelle individuate come “preoccupanti” non è regolamentato negli Stati Uniti, nell’UE o in Giappone. In maniera ancor più sorprendente, in queste stesse regioni, 901 sostanze pericolose sono state approvate per l’uso nelle plastiche a contatto con gli alimenti. E per un 10% manca qualsiasi studio scientifico sugli effetti. “Abbiamo riscontrato molteplici lacune nelle conoscenze critiche e nei dati, in particolare per le sostanze e i loro usi effettivi. Ciò in definitiva ostacola la scelta dei consumatori di prodotti in plastica sicuri”.
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