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Tpl vecchio, rifiuti lontani dall’Ue, grave smog. Il rapporto Istat sulle città

Il racconto dell'ambiente urbano. Cresce la domanda di trasporto pubblico nei comuni capoluogo insieme con le criticità locali, le grandi città sono distanti da una gestione in linea con i target dell'Ue sulla raccolta differenziata, e soprattutto al Nord c'è una grave situazione dell'inquinamento dell'aria

rapporto istat sulle città
Foto di Andrea Spallanzani da Pixabay

di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – Crescita della domanda di trasporto pubblico nei comuni capoluogo insieme con le criticità locali, grandi città lontane dai target Ue sulla raccolta differenziata dei rifiuti, e la grave situazione dell’inquinamento dell’aria. Su questi tre elementi si concentra il quadro delineato dal rapporto Istat dedicato all’ambiente urbano.

“Tornano a crescere nei comuni capoluogo domanda e offerta di trasporto pubblico locale – riferisce l’Istat al 2019 – con più 3,2% e più 1,7% sul 2018, ma restano forti squilibri territoriali. Il 34,8% degli autobus ha più di 10 anni”. Per i trasporti pubblici locali, due sono le criticità: carenza di infrastrutture per il trasporto rapido di massa e l’obsolescenza del parco circolante. Nonostante i progressi degli ultimi anni, la rete su ferro è ancora poco sviluppata: il filobus viaggia in 13 comuni su 268,5 km di linee, il tram in 11 città su 369,2 km, la metropolitana in sette città su 191,2 km. Soltanto Milano e Torino hanno reti tranviarie molto estese in rapporto all’area urbanizzata: 122 e 65 km per 100 kmq, contro i 16 in media delle altre città. Tra i capoluoghi metropolitani, le densità di rete più elevate sono a Milano e Napoli per la metropolitana (49 e 18 km per 100 km2), a Cagliari e Bologna per il filobus (74 e 57 km per 100 km2).

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Inoltre “il rinnovamento del parco circolante” di autobus è “un altro fattore cruciale per la sostenibilità del Tpl e la qualità del servizio”; soltanto il 32% degli autobus in servizio è Euro 6 mentre il 34,8% è in classe Euro 4 o inferiore. I bus a basse emissioni (ibridi e bi-fuel, e non tutti Euro 6) sono il 28,1% del totale; tra questi prevale il gas. La domanda di trasporto pubblico è in aumento, ma la crescita si concentra nelle città del Nord, mentre in quelle del Centro resta stabile e in quelle del Mezzogiorno si registra un calo. Le differenze territoriali sono abbastanza marcate: 263 passeggeri per abitante nel Nord, 220 nel Centro e appena 60 nel Mezzogiorno, a fronte di una media italiana di 192.

Nella gestione del ciclo dei rifiuti nessun capoluogo metropolitano raggiunge il target del 65% di raccolta differenziata previsto dall’Europa. Nel 2019, i comuni capoluogo hanno prodotto 10 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, circa un terzo del totale dell’Italia, pari a 30,1 milioni di tonnellate. La quantità di rifiuti prodotti è di 559,8 kg per abitante. Il valore più alto riguarda le città del Centro (610,9 kg per abitante, contro 549,3 del Nord e 526,4 del Mezzogiorno). Nel 2019, i capoluoghi si attestano su una quota media del 52% di raccolta differenziata, nettamente inferiore alla media Italia del 61,3%. Il dato dei capoluoghi rappresenta anche il divario tra aree geografiche: 61,7 al Nord, 51,7 al Centro e 37,3 nel Mezzogiorno. Tra le città metropolitane, la più vicina al target Ue del 65% è Cagliari con il 64,3%, ma anche Venezia e Milano che superano il 60%. Ma c’è spazio anche per la tariffa puntuale: “Meno di un terzo dei capoluoghi con servizio idoneo alla tariffa puntuale l’ha applicata, nessuno tra quelli metropolitani”.

Le polveri sottili e l’inquinamento dell’aria. Anche se negli ultimi anni sembra ci sia un trend di miglioramento, la situazione resta preoccupante, soprattutto al Nord. “Il materiale particolato (Pm 2,5 e Pm 10), il biossido di azoto e l’ozono troposferico – viene rilevato – sono gli inquinanti per cui è maggiormente riconosciuto un legame tra esposizione ed effetti sulla salute a breve e a lungo termine. L’Oms ritiene che il PM2,5 sia l’inquinante atmosferico più nocivo per la salute. Le concentrazioni in atmosfera di quest’ultimo riflettono, almeno in parte, livelli e variabilità temporale delle concentrazioni degli altri inquinanti. In Italia, dal 2010 si riscontra il superamento del valore di riferimento dell’Oms per il Pm 2,5 (10 microgrammi/metro cubo) in oltre l’80% delle rilevazioni effettuate su tutto il territorio”.

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C’è “una leggera tendenza al miglioramento negli ultimi 10 anni: dal 92,9% del 2010 all’81,9% del 2019. L’indicatore raggiunge le percentuali più alte al Nord, soprattutto nel bacino padano, con una media che va dal 97,5% del 2010 al 91,2% del 2019. Al Centro il miglioramento è più consistente, dal 92,2% del 2010 al 74,4% del 2019, mentre nel Mezzogiorno è più attenuato anche se in lento miglioramento, dall’84,6% del 2010 al 73,4% del 2019”. Sui 90 capoluoghi che nel 2019 hanno monitorato il PM2,5, per l’85,6% dei comuni capoluogo è stato superato il valore di riferimento dell’Oms, con significative differenze territoriali: 97,8% al Nord, 88,9% al Centro e 63% nel Mezzogiorno. Mentre le grandi città, i 14 capoluoghi metropoli, le differenze territoriali si annullano: sono tutte accomunate da “livelli di inquinamento dannosi per la salute della popolazione”.

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