Saranno approvati i quattro decreti che permetteranno di utilizzare OGM e NBT in agricoltura? Il mondo del biologico denuncia le proprie preoccupazioni ma esiste una differenza di base tra le due tecnologie
di Isabella Ceccarini
Rinnovabili.it) – Grande preoccupazione nel mondo dell’agricoltura biologica. Il 13 gennaio la Commissione Agricoltura della Camera voterà per approvare o meno i decreti sulle New Breeding Techniques (NBT), ovvero nuove tecniche di miglioramento genetico. Si tratta di quattro decreti proposti dalla ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova che renderebbero possibile utilizzare in agricoltura sia gli OGM (organismi geneticamente modificati) che quelli definiti “nuovi OGM” ottenuti con le NBT. Il primo passo in questa direzione è stato fatto il 28 dicembre scorso in Senato, dove la Commissione Agricoltura ha approvato i quattro decreti. In sostanza verrebbe consentita la sperimentazione in campo non tracciabile di varietà di sementi con le NBT, che una sentenza della Corte Europea di Giustizia del 2018 ha equiparato agli OGM.
La posizione delle associazioni del biologico
Venticinque associazioni (tra cui Aiab, Federbio, Greenpeace, Legambiente, Slow Food, Terra!, WWF) sono scese in campo per ribadire il loro no: «L’approvazione dei decreti sulle New Breeding Techniques (NBT) costituirebbe un grave attacco alla nostra filiera agroalimentare, al principio di precauzione, ai diritti dei contadini, nonché la violazione della sentenza della Corte Europea di Giustizia che equipara nuovi e vecchi OGM». Le associazioni si oppongono all’apertura «a nuovi e vecchi OGM solo per favorire un ristrettissimo numero di imprese, la maggior parte grandi multinazionali, che vogliono ottenere il controllo delle filiere agroalimentari e intendono mettere agricoltori e consumatori davanti al fatto compiuto, con prodotti brevettati, non tracciabili e privi di certezze qualitative».
Secondo Slow Food sarebbe un disastro per le tipicità dell’agroalimentare italiano: «Se la Commissione Agricoltura della Camera prenderà la stessa decisione di quella del Senato, Dop, Igp, vini di qualità, produzione biologica, prodotti dei territori, varietà locali e tradizionali potranno essere contaminate da prodotti ottenuti con le nuove tecniche di genome editing (NBT) che non saranno etichettati come OGM e quindi saranno irriconoscibili per i consumatori». Questo comporterebbe un danno enorme anche per l’export italiano: secondo Slow Food, chi vuole acquistare prodotti garantiti OGM-free li rifiuterà per mancanza di certezze. Inoltre, secondo le associazioni di agricoltura biologica, i decreti abolirebbero i diritti propri del sistema sementiero contadino, come «il diritto alla risemina, a conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi o materiale di moltiplicazione», in violazione dell’art. 9 del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche e per l’alimentazione e l’agricoltura (ITPGRFA).
OGM e NBT, due tecnologie diverse
Per sgomberare il campo dai dubbi, è opportuno fare alcune precisazioni. Già nel 2019 i membri del Farmers Scientists Network (Fsn), di cui fa parte anche Confagricoltura, chiesero di aggiornare le normative europee per utilizzare le piante prodotte con il genome editing (o correzione del genoma) ritenendo che ci fosse un equivoco di base, ovvero l’equiparazione tra le tecnologie OGM e NBT che di fatto sono diverse, come vedremo. Se per l’Ifoam «la valutazione del rischio, la tracciabilità e l’etichettatura vanno applicate a tutti gli OGM e a tutte le tecniche di ingegneria genetica», Assosementi ritiene che la normativa attuale sulle tecniche di miglioramento genetico vada aggiornata. Visto con gli occhi del consumatore, sarebbe corretta un’etichettatura che sottolinei la differenza tra prodotti OGM e NBT.
Tutte le piante coltivate sono il risultato di una selezione artificiale compiuta dall’uomo. Gli agricoltori cercano da sempre di migliorare la qualità dei loro prodotti. Oggi per far questo esistono tre tecniche principali: convenzionali, OGM e NBT. Le tecniche convenzionali fanno ricorso a incroci, ibridazioni e alla selezione di piante e sementi che hanno caratteristiche come resistenza agli infestanti o maggiore produttività; gli OGM si ottengono con la manipolazione genetica del DNA, ovvero si inseriscono geni di un altro organismo all’interno di una pianta ricevente; le NBT modificano parti specifiche dei geni di una pianta attraverso il genome editing per produrre esemplari con le qualità desiderate accorciando i tempi di incrocio e selezione. La differenza fondamentale tra OGM e NBT è che questi ultimi non contengono DNA di altri organismi, quindi il patrimonio genetico della pianta non cambia.
Dal fronte della ricerca, l’Enea spiega come le nuove tecnologie abbiano superato il concetto di OGM. Le nuove tecniche di genome editing silenziano o attivano dei geni presenti nella pianta: agiscono come una sorta di interruttori per valorizzare le potenzialità della pianta al fine di renderla più produttiva, più resistente ai fattori esterni e più resiliente agli stress causati dai cambiamenti climatici. In questo modo sarà possibile diminuire l’impiego di pesticidi e fertilizzanti (l’UE richiede -50% al 2030) e convertire al biologico le aziende agricole.