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Kenya: 81 milioni di dollari per salvare le foreste Mau

Achim Steiner sostiene lo sviluppo sociale, ecologico ed economico dello stato Kenyota

(Rinnovabili.it) – Il Kenya sta rischiando di perdere i 400 mila ettari di foresta Mau, risorsa di primo ordine per lo Stato africano, approviggionamento idrico della Rift Valley e di tutta l’Africa occidentale, nonché regolatore del flusso dei fiumi, delle inondazioni, dell’erosione delle coste e importante normalizzatore per la conservazione della biodiversità e per la conservazione del microclima del territorio.
L’allarme, che ha lanciato l’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) si unisce al già critico contesto che classifica il paese come uno dei primi diretti interessati dalle conseguenze disastrose che i cambiamenti climatici hanno prodotto e che continuano a creare senza sosta.
La notizia si veste di una maggiore preoccupazione nel momento in cui Achim Steiner, direttore esecutivo dell’Unep, afferma che il Kenya necessita di un aiuto finanziario pari a 81 milioni di dollari, somma sufficiente a fermare la corsa al degrado a cui la foresta sta andando incontro.
Viene da sorridere se si pensa che una cifra simile, non solo è indispensabile, ma viene richiesta a quegli stessi paesi industrializzati, diretta causa dello sfacelo delle risorse del continente africano, i quali hanno ben pensato di mettersi alla pari dei paesi più poveri, ma solo nell’eventualità di condividere oneri, non benefici.
E’ di pochi giorni fa’, infatti, la “notizia”:https://www.rinnovabili.it/textpattern/index.php?event=article&step=edit&ID=8803 che alcuni studi avrebbero individuato nelle emissioni di gas serra dai paesi ricchi la causa delle spaventose siccità che hanno imperversato sul continente africano negli anni ’80.
”Il recupero dell’ecosistema richiederà risorse sostanziose e buona volonta’ politica” ha aggiunto Steiner, considerate le ingenti perdite che la foresta di Mau ha subito nelle ultime due decadi, ovvero oltre 107 mila ettari di verde andati in fumo causa disboscamenti illegali, insediamenti abusivi, passaggi di proprietà da pubblico a privato, per non parlare poi dei metodi poco sostenibili dovuti ad un agricoltura intensiva.
Continuando a sfruttare queste terre, tra le cinque maggiori fonti idriche che contribuiscono a dare vita ai più grandi bacini d’acqua dell’area ovest dell’Africa, l’allarme potrà dilagare ancora e diffondersi a macchia d’olio fino a toccare equilibri ben più lontani dei confini keniani, che raggiungerebbero le frontiere regionali e nazionali.