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Pile macrobiotiche: leggere, flessibili e fatte di alghe

Biomateriali nano strutturati, in questo modo gli scienziati dell'università di Uppsala in Svezia stanno tentando di dare vita a batterie ecocompatibili con le medesime capacità dei sistemi a ioni di litio

Dalla medicina allo stoccaggio energetico, il potenziale delle alghe Cladofora sembrerebbe essere destinato a cambiare bersaglio. Originariamente impiegata addensante per usi farmaceutici, questo particolare organismo acquatico è stato introdotto nella ricerca nanotecnologica, dimostrando di possedere capacità particolarmente promettenti nel campo dei sistemi di immagazzinamento. Il merito di quella che si può considerare una scoperta casuale, va ad un gruppo di scienziati svedesi della “Uppsala Universitet”:https://www.uu.se/, primi ad aver impiegato la peculiare struttura cellulosica della Cladofora come elemento costitutivo per pile ecocompatibili. “La cellulosa di queste alghe possiede una speciale struttura caratterizzata da un’area di superficie molto vasta”, Gustav Nyström, autore dello studio, attualmente sulla rivista scientifica Nano Letters. “Rivestendo questa struttura con un sottile strato di polimero conduttore, siamo riusciti a produrre una batteria che pesa quasi nulla e che ha stabilito un nuovo tempo di ricarica ed una capacità record per le batterie polimeriche a base di cellulosa”. Nonostante i notevoli sforzi negli ultimi anni per lo sviluppo di applicazioni simili, poter ottenere soddisfacenti prestazioni di ricarica si è sempre rivelato un ostacolo difficilmente superabile; l’impiego del polisaccaride costitutivo di questa famiglia di alghe ha permesso ai ricercatori di dar vita ad un nuovo materiale elettrodo qualificato sotto l’aspetto economico, ecologico e fisico. Per ottenere questo risultato gli scienziati hanno impiegato la nanostruttura cellulosica della Cladofora come substrato da rivestire con un film di 50 nm di Polipirrolo, un polimero conduttivo organico, ampiamente impiegato nel settore elettronico. Le batterie così realizzate finora hanno dimostrato di poter memorizzare fino a 600 mA per cm3, con solo il 6 per cento di perdita in 100 cicli di ricarica. “Tutto questo – spiega Maria Strømme, Professore di nanotecnologie e leader del gruppo di ricerca – apre nuove possibilità alla produzione su larga scala di soluzioni di stoccaggio energetico rispettose dell’ambiente, leggere e con un buon rapporto costi-benefici”.

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