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Addio greggio, le auto elettriche di Cina e India affossano la domanda globale

Le proiezioni del mercato degli EV nei paesi emergenti cancellerebbero almeno il 70% della crescita della domanda di petrolio prevista da qui al 2030

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Credits: Markus Distelrath da Pixabay

Il boom di auto elettriche pesa sull’import di petrolio

(Rinnovabili.it) – La fine dell’era del petrolio parte in un impianto di auto elettriche cinese. Il peso specifico del colosso asiatico è talmente alto che un boom di EV avrebbe un impatto enorme sulla domanda globale di petrolio. Quanto? Cancellerebbe almeno il 70% della crescita della domanda prevista da qui al 2030, calcola in uno studio pubblicato oggi Carbon Tracker.

La Cina guida questo declino del barile che è sorretto anche da altri paesi emergenti, su tutti l’India. Un gruppo di paesi da tenere assolutamente d’occhio. Perché il solo comparto trasporti, in questi Stati, nel prossimo decennio determinerà l’80% della crescita globale della domanda di petrolio. Pechino e Nuova Delhi, insieme, sono responsabili della metà di questa crescita.

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I calcoli di Carbon Tracker sono basati sulle stime più conservative dell’Iea, l’Agenzia internazionale dell’energia. Secondo l’istituzione guidata da Fatih Birol, nel 2030 in Cina 4 auto vendute su 10 saranno elettriche, mentre in India costituiranno il 20% dei nuovi veicoli immatricolati.

Calcoli che si appoggiano anche a considerazioni di pura convenienza economica. Infatti, al netto di ogni considerazione strategica o delle preoccupazioni per la lotta al cambiamento climatico, Pechino e le altre economie emergenti avrebbero ancora ottime ragioni per spingere sugli EV.

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Il risparmio dal mancato import di greggio, stima Carbon Tracker, batte intorno ai 250 miliardi di dollari l’anno. La Cina risparmierebbe annualmente 80 miliardi, l’India 30. Nel complesso, si tratta di cifre ampiamente sufficienti per finanziare la creazione dell’infrastruttura necessaria per supportare un mercato delle auto elettriche in piena espansione.

E avrebbe anche un altro vantaggio, non di poco conto: solleticare gli istinti ‘protezionisti’ di questi paesi, riducendo la loro esposizione verso l’esterno. “Questa è una semplice scelta tra la crescente dipendenza da quello che è stato il costoso petrolio prodotto da un cartello straniero o l’elettricità domestica prodotta da fonti rinnovabili i cui prezzi diminuiscono nel tempo”, commenta Kingsmill Bond di Carbon Tracker e primo autore del rapporto.