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Greenpeace si incatena: “Sabbie bituminose, crimine del clima”.

Un gruppo di 25 manifestanti si è incatenato ai macchinari necessari per l'estrazione delle sabbie bituminose. La pratica è ritenuta altamente inquinante e dannosa per il clima

(Rinnovabili.it) – Un gruppo di 25 attivisti di Greenpeace provenienti da Canada, Stati Uniti e Francia, si sono recati in nello stato nord americano con l’intento di fermare l’estrazione del petrolio, considerata una pratica altamente inquinante e quindi un crimine ambientale.
Ad essere sotto accusa è la multinazionale Shell, che estrae petrolio dalle sabbie bituminose in Canada, protagonista di un blocco forzato durato 18 ore, durante il quale gli attivisti hanno manifestato il loro dissenso incatenandosi ai macchinari ed esibendo striscioni recanti il messaggio: “sabbie bituminose: crimine del clima”.
Estrarre petrolio dalle sabbie è un processo molto più inquinante rispetto al metodo tradizionale che utilizza i pozzi: richiede l’impiego di quattro barili di acqua ogni litro di petrolio e causa emissioni di gas serra tre volte superiori.
“L’azione iniziata ieri ha colpito la multinazionale Shell, ma altre grandi aziende come la BP, Syncrude, ExxonMobil, Total e Statoil Hydro stanno conducendo operazioni estrattive nello stato dell’Alberta”, scrive Greenpeace, la quale “chiede al Primo Ministro Canadese, Harper, al presidente Obama e a tutti i leader del clima di smettere di acquistare le sabbie bituminose”.
Per aiutare nella salvaguardia dell’ambiente e nella preservazione delle foreste Greenpeace ha chiesto ai grandi del Pianeta di non acquistare petrolio ricavato dalle sabbie bituminose, in modo che anche le foreste, distrutte per far posto ai lavori di estrazione, vengano preservate.
L’idea è quella di impiegare i fondi destinati all’estrazione nello sviluppo e nella diffusione di energia prodotta da fonti rinnovabili che, oltre a rispettare l’ambiente, non recano danni alle foreste, importanti per la nostra sopravvivenza sulla Terra.

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