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A Eta Beta, il grande salto dell’idrogeno

Con Mauro Spagnolo, direttore di Rinnovabili.it e Luca Del Zotto, docente di Gestione dei sistemi energetici all’Università ECampus, Massimo Cerofolini ricostruisce il percorso intrapreso dal celebre vettore, tra risultati raggiunti e nuove sfide

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Credits: Eta Beta

(Rinnovabili.it) – “Ci troviamo alla vigilia di una grande trasformazione energetica globale e questo anche grazie all’avvento dell’idrogeno”. Ad affermarlo è Mauro Spagnolo, direttore di Rinnovabili.it, ai microfoni di Eta Beta, il programma di Radio 1 dedicato ai fermenti innovativi della società. L’ultima puntata del programma, condotto da Massimo Cerofolini, è un lungo viaggio nel mondo tecnologico legato al celebre vettore, divenuto oggi simbolo della transizione ecologica.

In questi anni si sta compiendo una visione teorizzata fin dagli inizi del nuovo secolo: un sistema in grado di rendere questo combustibile a zero emissioni una sorta di moneta di scambio, integrabile nel settore dell’energia, della produzione industriale e dei trasporti. “Siamo già nell’economia dell’idrogeno, ossia quell’economia basata sulla produzione da fonti rinnovabili e l’utilizzo dell’idrogeno come elemento per stoccarla e trasportarla”, spiega Spagnolo.

Delle potenzialità di questo elemento ne sono ben convinti in Europa dove accanto ad una strategia di sviluppo comunitaria, diretta dalla Commissione Europea, stanno nascendo diversi programmi nazionali e progetti infrastrutturali. Il più ambizioso? Una mega rete di condutture dedicate al vettore che, entro 2040, raggiunga un’estensione di 23.000 km e una capacità di trasporto superiore ai 1.130 TWh.

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Ma per poter parlare del futuro di questo carburante è necessario fare una precisazione. Oggi esistono diversi classificazioni per l’idrogeno a seconda di fonte e modalità usate per produrlo. C’è, ad esempio, l’idrogeno grigio ottenuto dagli idrocarburi, che oggi domina il mercato mondiale. La tecnica di produzione è quella dello “steam reforming del metano, processo termochimico attraverso cui il metano è combinato con il vapore ad alta temperatura per ottenere H2 e CO2”, spiega Luca Del Zotto, docente di Gestione dei sistemi energetici all’Università ECampus. Attualmente è la forma più economica ma anche quella meno sostenibile.

L’alternativa più ecologica è l’idrogeno verde, ottenuto dall’acqua. “In questo caso il processo che viene in aiuto è quello dell’elettrolisi – continua Zotto – La corrente elettrica nell’acqua separa le molecole di H2O in idrogeno e ossigeno”. In questo caso l’idrogeno non è tanto la finalità quanto più il mezzo: si ricorre all’elettrolisi alimentata da rinnovabili proprio per stoccare quel surplus di energia pulita che non viene immediatamente immesso in rete.

Un’altra possibilità ancora è costituita dall’idrogeno turchese o circolare, come spiega Spagnolo, prodotto in questo caso a partire dai rifiuti, tramite pirolisi e successiva purificazione. Un sistema, quindi, per valorizzare gli scarti e re-immettere nel mercato l’energia che ancora possiedono.

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Una volta ottenuto, a prescindere dalla fonte, il passaggio successivo è lo stoccaggio e il trasporto. “Una delle peculiarità dell’idrogeno è la sua bassissima densità energetica a livello di volume”, sottolinea Zotto. Cosa significa? Che a voler fare un confronto basta un litro di benzina affinché un’automobile percorra circa 20 km, maa a temperatura ambiente e pressione sferica servirebbero 28mila bottiglie d’idrogeno per percorre quegli stessi 20 km. “Da qui nasce l’esigenza di stoccarlo, metterlo in pressione, soprattutto per un settore come quello dell’automotive dove gli spazi importanti”.

L’idrogeno gassoso può essere conservato a una pressione bassa mediante una reazione chimica con una lega che assorbe il gas formando un idruro metallico solido. Il problema di questa tecnologia è che è ancora molto “pesante”: per ogni chilo di idrogeno servono circa 100-150 Kg di materiale di stoccaggio.

Perché, dunque, utilizzare l’idrogeno verde e non, più semplicemente, ricorrere all’elettrificazione dei consumi e allo stoccaggio elettrico tramite batterie? Perché come sottolinea lo stesso Spagnolo, il carburante a zero emissioni offre una flessibilità d’utilizzo che il vettore elettrico non ha. Può essere stoccato per lungo tempo in modo affidabile e conveniente, offre una più facile soluzione di decarbonizzazione per quesi settori difficilmente elettrificabili, come il siderurgico, può essere utilizzato per i mezzi di trasporto a lungo raggio e per il riscaldamento. Senza contare che possiede un costo di trasporto inferiore all’elettricità e può favorire il cosiddetto “sector coupling”.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.