Produce reddito per gli agricoltori (in Toscana se ne possono produrre quantitativi del valore di 800 milioni di euro) e risparmio per i consumatori (fino al 50-60% in meno rispetto a impianti che utilizzano gpl o gasolio). Il tutto con la possibilità di usufruire di sostegni pubblici consistenti (fino al 60% del costo di realizzazione degli impianti) e con un bassissimo impatto ambientale. Sono queste le credenziali con cui si presenta il progetto “Energia vicina” con cui in Toscana si punta a far decollare la nascita di filiere corte per la produzione e la commercializzazione di agrienergie, utilizzando i residui della lavorazioni forestali e delle potature o anche, in parte, colture dedicate, come il pioppo, per produrre in loco energia termica e elettrica. Oggi, ad Arezzo, in occasione della prima giornata della fiera nazionale “Agrienergie”, in programma sino a domenica al Centro Affari, si è sancito ufficialmente il passaggio dalla fase di sperimentazione a quello di lancio produttivo di questo settore.
“In pochi anni in gran parte delle aree rurali della Toscana ci si riscalderà utilizzando i residui dei diradamenti nel bosco vicino casa, o delle potature di vigne e oliveti delle campagne circostanti: questo è l’obiettivo e la sfida che abbiamo davanti” ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, direttrice dell’Arsia, l’agenzia per l’innovazione in campo agricolo e forestale che ha seguito molti dei progetti innovativi della Regione in questo ambito. “L’attività di sperimentazione e di ricerca svolta in questi anni specie attraverso il varo di alcuni impianti-pilota e anche le innovazioni tecnologiche negli impianti di cui, qui alla fiera troviamo prove evidenti – ha aggiunto – ci offre l’opportunità di dire che siamo, finalmente, al punto di svolta. Ed è una svolta che sta facendo già i primi passi concreti: sono in funzione o in fase di completamento in Toscana una cinquantina di impianti che di qui al 2010 ci permetteranno di riscaldare mille appartamenti. In pochi anni si potrebbe arrivare al risultato ipotizzato in uno studio che abbiamo illustrato oggi: e cioè alla produzione di un quantitativo di energia prodotta pari a 350 Megawatt elettrici cioè con un valore sul mercato di 800 milioni di euro. Se utilizzata come termica questa energia permetterebbe di riscaldare fino a 50.000 appartamenti, quindi una bella parte delle nostre aree rurali.
Il combustibile necessario a ottenere simili risultati è attualmente disperso tra i campi e i boschi della Toscana. Sono materiali legnosi di scarto, residui dei diradamenti forestali, sono ciò che resta delle potature: oggi materiale inutilizzato, spesso bruciato in loco. La tecnologia sviluppata in questi ultimi anni può permettere all’agricoltore di raccogliere questo materiale disperso, di renderlo adatto a una combustione automatizzata, di immetterlo nel ciclo termico con impianti a altissima resa (sino a oltre il 90%), quindi senza alcuna dispersione, e quando possibile, di utilizzarlo per alimentare altri impianti nella stessa area, magari per riscaldare un vicino borgo rurale. L’imprenditore che si avventura in questo percorso ha il pieno sostegno pubblico: la Regione attraverso il piano di investimenti e il piano di sviluppo rurale contribuisce all’acquisto di macchinari e di impianti con quote che vanno dal 40 al 60% del costo.
E un guadagno consistente è previsto anche per l’utente finale: una bolletta dimezzata rispetto a quella pagata per l’impianto Gpl e gasolio